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Roman Abramovich e il calcio: una questione d’affetto…

I giocatori Abraham, Pulisic e Rüdiger a fine partita

È stato annunciato mercoledì scorso, anche se la notizia era nell’aria da qualche tempo: Roman Abramovich ha deciso di vendere la squadra di calcio Chelsea F.C; sulla scia delle sanzioni inflitte dal governo britannico agli oligarchi russi “amici” di Putin. Finisce così una delle presidenze più vincenti della storia del calcio inglese ed europeo; con 22 trofei vinti in 18 anni di presidenza.

Una storia di amicizie

La motivazione stava nel timore dell’oligarca ex-azionista di maggioranza di Sibneft di vedere congelate o confiscate le sue numerose proprietà nel Regno Unito. Proprio oggi infatti, i beni dell’oligarca sono stati congelati. Abramovich non potrà dunque vendere il Chelsea ricavandone denaro, ma solo cederlo . Per cautelarsi, l’ex azionista di maggioranza di Sibneft aveva infatti iniziato la vendita in toto dei suoi asset britannici, tra cui figurano svariate proprietà immobiliari e lo stesso Chelsea. Una decisione che mostra tutta l’ambiguità del rapporto tra Putin e gli oligarchi stessi; al quale anche i più intimi siloviki devono la propria scalata al potere, ma che resta comunque una figura ingombrante.

Alla motivazioni di carattere economico dunque, potrebbe aggiungersi una di carattere politico. Secondo alcuni (tra cui Catherine Belton, autrice del libro “Putin’s People”), Abramovich aveva acquistato il Chelsea su spinta dello stesso presidente russo. Vendendolo, l’oligarca russo-portoghese, potrebbe avere lanciato un segnale, mostrando una certa indipendenza dalle decisioni del leader; e forse anche la volontà di volersi dissociare da un “amico” ingombrante per mantenere il proprio patrimonio. La decisione era stata probabilmente maturata da qualche tempo. Iacopo Iacoboni fa notare come Abramovich, assieme ad altri del “cerchio magico” di Putin, fosse assente (anche se giustificato) in quel famoso “meeting” con gli oligarchi; tenutosi il 24 febbraio negli Urali.

Il “Sistema Chelsea”

Dando un’occhiata alla struttura interna del club, Abramovich negli anni aveva posizionato uomini di fiducia ad ogni livello; dall’ex leggenda del club Petr Čech (che era stato acquistato nei primi anni della presidenza Abramovich) alla direttrice Marina Granovskaia, che lavorava con l’oligarca sin dalla fine degli anni 90′ in Sibneft. Riguardo al settore giovanile, lo stesso Iacoboni ricorda la collaborazione con il Forte Village per la creazione di una accademia partner del Chelsea in Costa Smeralda, luogo molto amato dall’oligarca.

All’estero invece, è stata fruttuosa fino a qualche anno fa la partnership con il club olandese del Vitesse Arnhem, dal 2010 “feeder-club” della società londinese. Questa partnership ha visto in un decennio ben 29 giocatori degli sky blues venire prestati al club olandese. Tra questi figurano giocatori di secondo piano; ma anche campioni che si sono successivamente affermati con la maglia del Chelsea come Nemanja Matić, Mason Mount e Bertrand Traorè.

La “Questione Olandese” dagli inizi..

Il fil rouge che lega Vitesse e Chelsea è anch’esso composto da varie amicizie. Nel 2010 l’ex calciatore georgiano Merab Jordania acquista il club olandese. Tuttavia secondo il The Guardian dietro a Jordania ci sarebbe stato proprio Abramovich, come mostrerebbe uno scambio di mail nel 2010 tra Eugene Tenenbaum (amico di lunga data di Abramovich e suo consulente già dai tempi di Sibneft) , Paul Heagren (anch’egli collaboratore fidato dello stesso ex-patron del Chelsea e segretario di Millhouse Capital, la società utilizzata da Abramovich per gli investimenti nel Regno Unito)e lo stesso Jordania.

La prima mail, inviata da Heagren ad un avvocato olandese e recante in oggetto “nuovo progetto”, chiedeva la presenza di una filiale della società dell’avvocato stesso ad Amsterdam o ad Arnhem. In una mail successiva, Heagren informava l’avvocato che “Stiamo negoziando l’acquisizione di un club sportivo olandese che potrebbe essere finalizzata la prossima settimana”, aggiungendo inoltre che la quota sarebbe stata pagata “dal nostro associato”.

L’intera struttura che ha portato al takeover prima di Jordania e poi di Chigrinskiy. Fonte: The Guardian, 2017.

Jordania mantenne la presidenza del club fino al 2013, quando lo sostituì Alexander Chigrinskiy. Se tutti ricordano Jordania come un tifoso appassionato del club; Chigrinskiy aveva il soprannome di “Alexander l’Invisibile” per il suo scarso coinvolgimento nel club.

Secondo alcuni alla base della rottura ci sarebbe stata proprio la volontà da parte di Jordania di competere per l’accesso in Champions League; competizione in cui figura lo stesso Chelsea (va ricordato che per regolamento UEFA due club di una stessa proprietà non possono partecipare alla stessa competizione). Lo stesso ex-calciatore georgiano rilasciò una famosa intervista al De Telegraaf; nella quale accusava Londra di avere interferito nei piani del club nell’anno calcistico 2012/13:

“In inverno eravamo primi in classifica. Ma sentivamo di aver bisogno di un giocatore per andare fino in fondo, Kelvin Leerdam. Il trasferimento sembrava cosa fatta ma improvvisamente è intervenuta Londra. Non volevano che diventassimo troppo forti. Allora non ho potuto spiegarlo a Fred (Rutten, l’allenatore, ndr). Dovevo coprire il club e Londra, anche se il tutto ha causato molta tensione e caos”. Secondo altri, il trasferimento del club allo stesso Chigrinskiy era già programmato, tanto che Jordania avrebbe dichiarato di avere “mantenuto le mie promesse verso Alexander”.

Chigrinskiy (ex chirurgo e partecipante di lungo corso in Sibneft) ha poi mantenuto la guida del club fino al 2018. Coincide con questo periodo il massimo afflusso di giocatori dal Chelsea, con 4/5 elementi che ogni anno prestati in Olanda. Inoltre è bene notare come il più alto piazzamento raggiunto dal club sia il quarto posto; sufficiente per giocare le coppe europee minori ma non la Champions League.

…ai “giorni nostri”

Nel 2018 il club cambia nuovamente proprietario, finendo nelle mani di Valeri Oyf. Personaggio di cui si sa molto poco, si è arricchito commerciando oro tramite la Highland Gold Mining Ltd (partecipata anche dal governo britannico); ed era parte del Board di Sibneft fino al 2006, ma non si conosce l’entità del suo patrimonio e il suo nome non appare in nessuna lista degli oligarchi sanzionati. Il Fatto Quotidiano tuttavia riporta come Oyf e Abramovich facessero parte di un gruppo chiamato “La Confraternita”; che includeva anche la stessa Granovskaia e Eugene Tenenbaum. Non è un caso che eToro, sponsor di maglia del club, stia valutando di interrompere la sponsorizzazione dato il forte legame tra Oyf e Abramovich.

Un legame sempre più debole

Tuttavia, il legame tra i due club sembra affievolirsi con l’arrivo dello steso Oyf alla presidenza del club; tanto che il flusso di giocatori da Londra ad Arnhem si è notevolmente ridotto (negli ultimi anni conta il solo prestito di Armando Broja nel 2020-21). È continuata invece la politica di “basso profilo” del club; che non ha più ripetuto l’exploit del 2013 e continua a qualificarsi per coppe europee come la UEFA Conference League, dove sarà avversario della Roma stasera.

Insomma, se come molti dicono per Roman Abramovich il calcio è sempre stato una passione sincera, guida di un “uomo d’idea” à la Dostoevskij, questa storia mostra ancora una volta il classico “metodo russo” fatto di intrecci politici, amicizie di lunga data e controlli societari tramite sistemi di scatole cinesi e prestanome. Rimane da scoprire cosa riservi il futuro all’oligarca e il suo passato ci può fornire utili indizi, ma per questo, come sempre, “chi vivrà, vedrà”.

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