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PD, ecco le liste per le elezioni, fuori Renziani e Giovani Turchi

PD Arca di Noè

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Dopo una turbolenta e calda estate, la direzione nazionale del Partito Democratico ha approvato, con tre voti contrari e cinque astenuti, i nomi da presentare in vista delle elezioni politiche del 25 Settembre. L’appuntamento con la diramazione delle liste è da sempre uno dei momenti più intensi per gli addetti ai lavori, che puntualmente si esprimono in grandi sospiri di sollievo, minacce di rivoluzioni interne, polveroni estivi e frecciatine di corridoio.
Anche quest’anno in casa PD le polemiche non si sono fatte attendere, e molti esponenti del partito hanno accusato il segretario Enrico Letta di aver deliberatamente escluso i loro nomi dalle candidature per motivi politici.

Oltre agli esclusi però, sopravvive un gran numero di “salvati”, ex deputati e volti nuovi che sono stati scelti come rappresentanti del PD per queste elezioni. L’obbiettivo di questo articolo è illustrare in maniera chiara i maggiori candidati proposti da Letta, quali sono gli esckusi e la strategia dietro queste scelte: ma procediamo con ordine.

PD, abbattute correnti Renziani e Giovani Turchi

Per capire la rotta che Enrico Letta vuole dare al suo partito, e per meglio comprendere l’entità dei mugugni sollevati negli ultimi giorni dalle file del PD, bisogna partire chiarendo chi sono i grandi esclusi a questa corsa a Montecitorio e a Palazzo Madama; per distinguere subito i sommersi dai salvati.

Il capofila degli esclusi è sicuramente Luca Lotti, capo-corrente degli “ex-renziani”, già ministro dello Sport durante il governo Gentiloni, che attacca il segretario dem riguardo a presunti rancori verso i filo-Renziani. Pur non escludendo una volontà politica, sicuramente presente, nella gestione delle liste; è doveroso ricordare che Lotti è attualmente indagato dalla procura di Firenze con l’accusa di finanziamento illecito continuato attraverso la Fondazione Open.

Un’altra corrente di delusi è quella detta dei “giovani turchi”, un’ala di sinistra del PD, che vede esclusi Valeria Fedeli, Fausto Raciti e, soprattutto, Giuditta Pini. Proprio a causa dell’esclusione della Pini si è abbattuta su Letta l’ira dei giovani riformisti del PD, che vedono in Giuditta, da sempre in prima linea su questioni sociali come la lotta di genere, l’incarnazione del “cambiamento dall’interno” che molti giovani democratici pensano essere necessario per la sopravvivenza del partito.
I malumori non si sono limitati agli esclusi dalle liste, anzi, si sono estesi anche ai candidati in collegi percepiti come sicuramente perdenti. La voce che si è fatta più sentire in questo senso è stata indubbiamente quella della senatrice Monica Cirinnà, madrina della legge sulle unioni civili, che avrebbe minacciato di ritirare la sua candidatura dal collegio uninominale di Roma 4 (dato perdente da tutti i sondaggi), salvo poi ripensarci nel nome di una “responsabilità politica e sociale”.
A un mese dalle elezioni, non sembra tirare aria di fiducia e collaborazione all’interno del Partito Democratico, ma non c’è da stupirsi. Infatti, proprio per la composizione eterogenea del PD, composto da diverse correnti e con una tradizione partitica più che personalistica, i malumori all’uscita delle liste non sono mai mancati (ricordate le lamentele di Minniti nel 2018?). Inoltre, il segretario Enrico Letta ha ricordato ai suoi gli effetti del Referendum Costituzionale del 2020, che ha tagliato il numero dei seggi in Parlamento da 630 a 400 alla Camera, e da 315 a 200 al Senato; giustificando in questo modo certe esclusioni come doverose.

Le liste della camera

La prima candidatura degna di nota è proprio quella del leader dei Dem, Enrico Letta, che si candiderà come capofila per la Camera nei collegi plurinominali Lombardia 1 e Veneto 2 (Bassano del Grappa e Vicenza), dove proverà a sfidare l’egemonia del centro-destra nei suoi territori storici. Ancora per la camera troviamo candidato come capofila nel collegio Veneto 2 (Rovigo e Padova) il deputato Alessandro Zan, noto per l’omonimo disegno di legge, poi affossato, a favore dei diritti LGTBQ+.

Sempre come capofila nei plurinominali vengono candidati l’ex ministro del lavoro nel governo Draghi, Andrea Orlando, in Liguria; in Toscana 2 la già presidentessa della Camera Laura Boldrini, mentre nel plurinominale Lazio 1 il candidato scelto è l’ex segretario dem Nicola Zingaretti. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, spiccano le candidature dell’ex ministro Roberto Speranza come capofila del plurinominale Campania 1, e del vicesegretario di partito Giuseppe Provenzano nei collegi di Palermo e della Sicilia sud-occidentale.
Oltre a questi volti noti, il PD ha deciso di candidare nei plurinominali regionali un mix ben assortito di nuove leve e nomi di vecchia data da anni in seno al partito. Proprio tra quest’ultimi segnaliamo Silvio Lai come primo candidato nell’unico seggio Sardo, Simona Bonafè nel collegio Toscana 3, e l’ex comunista Nicola Stumpo in Calabria. Sempre in Emilia- Romagna, stavolta nel secondo collegio, è candidata come capolista Elly Schlein, eurodeputata e vicepresidente della regione Emilia-Romagna. Tra i giovani è presente anche un figlio d’arte, Piero De Luca, primogenito del presidente della Campania Vincenzo De Luca, e candidato come capolista nel plurinominale Campania 2.
Per quanto riguarda i seggi uninominali, in buona parte assegnati agli alleati di coalizione, l’ex presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, è il candidato scelto per la circoscrizione di Grosseto e Siena; a Ravenna proposta Ouidad Bakkali, trentacinquenne romagnola di origine marocchina che si fa portavoce di una nuova idea di integrazione, candidata anche nel plurinominale Emilia-Romagna 3. Nelle grandi città invece, troviamo candidati nell’uninominale a Torino 3 Stefano Lepri, a Genova ponente Alessandro Terrile, a Bologna Virginio Merola, a Firenze Federico Gianassi, a Bari Laura Torsi, a Palermo Erasmo Palazzotto, e a Cagliari Andrea Frailis. Nella capitale saranno ben cinque i candidati dem su sette seggi, in ordine di circoscrizione: Paolo Ciani per il Municipio 1, Enzo Foschi per il 2, Roberto Morassut per il settimo, Patrizia Prestipino nel decimo e Claudio Mancini per il municipio Roma 11.

Le liste per il Senato

La lista di papabili senatori presentata dal Partito Democratico non si è fatta attendere, con molti volti noti all’interno del partito, pochi “pezzi da novanta” e qualche novità.
La segreteria Dem ha puntato su vari esponenti di Partito di fiducia e solidità, specialmente nei plurinominali, affidandosi agli ex ministri Beatrice Lorenzin per il seggio Veneto 2 e Graziano Delrio in Emilia-Romagna 2. Altri voti noti all’interno del partito sono l’ex vicepresidente Sandra Zampa, candidata come capolista in Emilia-Romagna, nella circoscrizione di Bologna-Ravenna-Rimini, Dario Parrini, ex sindaco di Vinci e parlamentare candidato nell’unico seggio plurinominale per il Senato in Toscana, e Walter Verini in Umbria.
Ma le punte di diamante per il Senato sono due, Carlo Cottarelli e Dario Francsechini. Per l’ex ministro Cremonese è stato scelto il primo posto nella lista plurinominale in Lombardia 2, il PD spera che la sua nomea e le sue competenze in ambito economico, nonché il suo nome, valgano un seggio in Senato. Simile è il discorso per quanto riguardo Dario Franceschini, anche lui ex Ministro della Cultura nel governo Draghi, proverà il suo valore come capofila nel plurinominale Campania 1.
Per quanto riguarda le candidature all’uninominale per il Senato, anche in questo caso equamente distribuite con la coalizione, spicca fra tutti quella Pierferdinando Casini, politico navigato e di lunga data, che cercherà di far fruttare la sua esperienza nel seggio di Bologna. Nelle grandi città, a Torino viene candidato il professore di Diritto costituzionale Andrea Giorgis, a Milano Antonio Misiani, a Bergamo Giacomo Angeloni. I candidati scelti per la capitale sono la già citata Monica Cirinnà e lo spin-doctor Filippo Sensi, rispettivamente nel collegio Roma 7 e Roma 5; a Napoli troviamo candidata Valeria Valente, mentre a Cagliari Maria Del Zompo.
Da sottolineare anche l’inaspettata candidatura dell’immunologo e microbiologo Andrea Crisanti come capolista per la circoscrizione estero, ripartizione Europa. Crisanti è diventato celebre durante la pandemia per i suoi studi sul Covid, nei quali sosteneva l’evidenza di come anche gran parte degli asintomatici erano in grado di trasmettere il virus, sottolineando la necessità di eseguire tamponi anche su chi non mostrasse sintomi. La sua autorevolezza e la sua figura di medico in un periodo così complicato come quello pandemico saranno un punto di forza in più in vista delle elezioni di questo autunno

La Politica dietro ai nomi

Che conclusioni si possono trarre sulla direzione del Partito Democratico vista la composizione delle liste?

Per prima cosa bisogna ribadire la pluricromia presente all’interno del partito, che Enrico Letta, a suo dire, ha cercato di rispettare al momento della consegna delle liste. Ma questa caratteristica del PD è un’arma a doppio taglio. Se da una parte infatti, evita derive personalistiche e mantiene un senso di dignità comunitario all’interno del partito stesso; dall’altra rende difficile una virata decisa verso una strada politica ben delineata, con a capo una corrente ben precisa, che sarebbe la soluzione agognata dai più giovani Dem. Inoltre, proprio questa supposta “virtù” dell’ascolto è spesso usata come capo d’accusa da parte degli esclusi (gli ex-renziani di turno, per intenderci) per muovere critiche alla direzione del PD.

Detto ciò, Enrico Letta conosce bene il suo partito, e con astuzie centriste cerca di dare un colpo alla botte ed uno al cerchio; appellandosi da una parte all’unità di centro-sinistra come “argine delle destre” per placare le acque, e dall’ altra al taglio dei parlamentari per evitare di ammettere che un taglio dei Renziani, nel PD, c’è stato.

Ricapitolando, il Partito Democratico sembra volersi affermare come il partito della “borghesia illuminata”, che con diplomazia e senza tante parole fuori posto, è disposto ad ascoltare i mugugni del paese e ad affidarli alle cure di volti esperti, che si possono avvalere di conoscenze e titoli non così presenti in altri partiti. La strada del Partito ponderato e moderatamente progressivo è quella che il PD ha scelto anni fa, resta da vedere se sia la più agevole da percorrere. Sempre di più, infatti, sono i giovani che reclamano una forza più radicale, sempre di meno sembrano essere gli operai che vogliono affidare nelle mani di questi dottori le loro sorti politiche, e pare che l’ultimo baluardo del PD sia proprio quella borghesia cittadina che vive bene così com’è, e che si ritrovano nei candidati espressi da Enrico Letta; coscienti che, anche questa volta, in un modo o nell’altro, il PD giocherà un ruolo fondamentale nello sviluppo della politica nazionale.


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