Attualità

Catcalling

Si scrive “catcalling”, si legge “molestia” oppure “abuso verbale” oppure – attenzione – “tentativo del patriarca di imporre la sua forza su di te e farti sentire inadeguata”. Il “Faje senti’ ‘a presenza” street version. Non sono definizioni che troverete nelle pagine della Treccani, ma quelle che troverete a forma di battiture di tastiere nei commenti dal popolo del web. Teste di profilo che surfano l’onda degli ultimi giorni – dopo “Come preparare la pastiera” e “Volo andata e ritorno Canarie” – il “Ao ammazza che fregna” di un addetto ai lavori in un cantiere, per i più “catcalling”. Peccato – per citare un filosofo contemporaneo – che chiamare un’esclamazione di apprezzamento fisico per strada come “violenza” si finisce per insultare chi effettivamente le abbia subite. Quel filosofo è Valentina Nappi.

Parte tutto dalla indignazione di Aurora Ramazzotti, indignazione che si plasma come Instagram stories, stories che fanno da contenuto per articoli, dopo tutto questi giornalisti abbiamo, le vaccinazioni procedono a ritmi israeliani, d’altronde, e la nostra economia cresce a cifre doppie, dobbiamo trovare altri contenuti per intrattenere l’avido lettore. Maggior ragione se un simil fenomeno non si è mai manifestato prima che succedesse ad Aurora Ramazzotti. Capirete l’importanza del momento storico. Ritornando a noi, tagliandi di articoli si trasformano in tweet e da lì nel Paese Reale: su Facebook. E qua che avviene lo scontro finale. Da qua, Laura Boldrin lancia una proposta di legge. Così, la genesi di ogni battaglia del genere.

Sì, perché la soluzione è sempre quella, imporre una legge. Una legge che non si capisce come può essere applicata. Il “Mamma mia che gnocca” non verrà accettato, ma il “Buongiorno dolcezza”, si? E poi come si farà l’identificazione del “molestatore”? “Marissa prenda nome e cognome!”, “Quel signore è stato avvistato in piazza Aspromonte a pronunciare un “Ue figa” con qualche decibel in più di quello che stabilisce il Codice penale”. Una soluzione che fa nascere più problemi a ridosso del problema stesso. Eccone una con effetti a lungo termine invece: cominciamo tutti noi a educare i nostri figli maschi, i nostri cuginetti, i nostri alunni, fratelli, amici, al buon gusto, alle buone maniere e anche a convincerli che esclamazioni simili come approccio garantiscono zero successo. Ma educhiamo altresì anche le nostre figlie femmine, le nostre amiche, sorelle e cuginette a non sentirsi sempre minacciate, vittime, ad essere guerriere perché se ti dicono che sei fregna, sei fregna e va benissimo così. 

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Ledia Ninga
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