Geopolitica, Politica

Cina, l’anno del coniglio inizia con la popolazione in calo. Sarà la fine del colosso asiatico?

I festeggiamenti del nuovo anno lunare – quello del coniglio – sono ancora nel vivo in Cina, paese che sta vivendo una profonda transizione come evidenziato dai dati del National Bureau of Statistics, l’istituto che si occupa delle statistiche in Cina, che ha pesentato i dati relativi al 2022, anno in cui la popolazione cinese è calata di circa 850.000 unità. Non accadeva dal 1961, durante il “Grande balzo in avanti”, un piano economico pensato e applicato da Mao Zedong che per molti storici è stata la causa principale della carestia che causò la morte milioni di persone.

Cosa sta succedendo alla demografia cinese

La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto significativo sulla popolazione cinese, nonostante la mancanza di trasparenza da parte del governo cinese riguardo ai dati dei decessi: secondo Zuo-Feng Zhang, direttore del dipartimento di epidemiologia alla Fielding School of Public Health della University of California, almeno 900.000 persone sarebbero morte tra dicembre e gennaio, quando il Governo cinese ha dichiarato un numero ufficiale di soli 60.000 morti (meno del 7% rispetto alle stime).

Il calo delle nascite è stato sicuramente il principale fattore che ha contribuito al calo della popolazione, con un tasso di natalità sceso a 6.77 nati vivi per 1000 abitanti, continuando un trend negativo che dura dal 1963.

Inoltre, secondo I dati del paper “The 2022 Revision of World Population Prospects” delle Nazioni Unite, il tasso di fertilità cinese sarebbe calato a 1.164 nel 2021, al di sotto del livello di sostituzione (2.1) che manterrebbe la popolazione stabile. Nonostante l’abbandono della One Child Policy, legge in vigore dal 1979 al 2016, nel 2022 sono nati il 10% in meno di figli rispetto all’anno precedente.

Una ricerca del YuWa Population Research Institute ha riportato che crescere un figlio costa più in Cina che in diverse economie sviluppate, tra cui Stati Uniti, Italia, Francia, Germania e Giappone. Il costo medio per crescere un figlio fino ai diciotto anni sarebbe di 450.000 yuan (€62.070), circa sei volte il PIL pro capite del paese. Un prezzo proibitivo se consideriamo che la Cina, nonostante la grande crescita degli ultimi decenni, non ha ancora sviluppato un sistema di welfare lontanamente paragonabile a quelli occidentali. Le preoccupazioni riguardanti i costi per la salute e la previdenza pensionistica scoraggiano le famiglie cinesi dal fare figli.

Un altro fattore non secondario è il rapporto maschi/femmine: decenni di politiche del figlio unico hanno portato la popolazione a effettuare aborti selettivi. Questo ha portato a una popolazione sbilanciata per eccesso verso il genere maschile, come si evince dal confronto con altri paesi.

Fonte: Cia.gov, “The World Factbook” 

Cina, per il futuro popolazione ancora in calo

Secondo le stime delle Nazioni Unite, il crollo demografico cinese è destinato a continuare e la popolazione potrebbe scendere sotto gli 800.000 abitanti per il 2100.

La piramide demografica, ormai chiamata così solo per convenzione, mostra una concentrazione sempre maggiore nelle fasce d’età più alte. Sebbene questo fenomeno si osservi ormai in tutti i paesi sviluppati, nel caso della Cina il rischio è quello di “diventare vecchia prima di diventare ricca”. 

Piramide Popolazione Cina
Fonte: United Nations, Department of Economic and Social Affairs, Population Division. World Population Prospects: The 2022 Revision

Un aumento della percentuale di anziani nella popolazione può rappresentare una minaccia per la crescita di uno Stato, poiché ciò significa aumentare il numero di persone inattive che richiedono supporto economico. Questo porterebbe a un aumento sproporzionato dei costi delle famiglie e a un conseguente calo del loro potere d’acquisto. Il pericolo di un crollo dell’economia cinese è reale se Pechino non riesce a invertire il trend, o ad aumentare la produttività del lavoro.