Attualità, Politica

Composizione del consiglio dei ministri di Draghi

Oggi cercherò di portarvi un riassunto riguardo la composizione del governo Draghi, e con questo credo che si possa concludere questo ciclo.

Inizialmente non ero soddisfatto della composizione del governo, ma riflettendo a mente fredda devo dire che, ingoiando qualche rospo e sperando in alcune congiunzioni astrali, questo non sia il governo del meno peggio. Abbiamo eccellenze di prim’ordine e ovviamente pesa anche il risultato delle elezioni del 2018 sulla composizione dell’esecutivo.

Come dicevo nei video scorsi, si può dire che Draghi sia la tipica persona che con i limoni ci faccia la limonata, e non è certo un nuovo Nicolas Flamel.

Parte da questo presupposto l’analisi che segue.

Sul fondo di questo articolo un comodo PDF che riassume tutte le biografie dei nuovi ministri.

Garafoli e Franco

Garafoli

Garafoli

Nato a Taranto il 20 aprile 1966 è un magistrato, giudice del Consiglio di Stato e docente universitario. Nel 1999 entra nel TAR della Puglia e passa successivamente al Consiglio di Stato. È Capo di Gabinetto del Dipartimento della funziona pubblica con il Ministro Patroni Griffi, nel Governo Monti. È Sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel Governo Letta. Assume la carica di Capo di Gabinetto del Ministro dell’economia Padoan, nel Governo Renzi e nel Governo Gentiloni e di Capo di Gabinetto del Ministro dell’economia Tria, nel Governo Conte I.

Franco

Nato a Trichiana ( il 7 giugno 1953 si laurea in Scienze Politiche a Padova e in seguito si specializza in organizzazione aziendale ed economia. Nel 1979 entra nel servizio studi di Banca d’Italia Dal 1994 è Consigliere Economico della DG Affari Economici della Commissione Europea. Nel 1997 rientra in Banca d’Italia alla direzione del servizio studi contestualmente presiede il Gruppo di lavoro di finanza pubblica del Sistema Europeo di Banche Centrali. Dal 2007 al 2011 ha coordinato diversi gruppi di lavoro presso il MEF, la Presidenza del Consiglio e l’ISTAT. Dal 2013 al 2019 ricopre il ruolo di Ragioniere Generale dello Stato Attualmente è Vice Direttore Generale della Banca d’Italia.

A entrambi è toccata la triste sorte di essere additati come il male dell’Italia dai grillini. Franco, quando ancora lavorava alla ragioneria dello stato, veniva additato dai 5s di non bollinare le leggi, quindi a favore della casta. Ma in realtà queste manovre erano prive di copertura.

Sorte ben peggiore spettò a Garafoli, che durante il primo anno di governo fu accusato più volte dal Fatto Quotidiano di osteggiare le manovre del movimento, costringendolo a dimettersi. Più tardi arriveranno le scuse del Fatto, che ammetterà la loro infondatezza. Ehi! ma siamo in Italia.

Colao, Giovannini e Cingolani

Colao

Nato a Brescia il 3 ottobre 1961 si è laureato in economia e commercio presso l’università Bocconi di Milano e ha ottenuto un Master in Business Administration alla Harvard University. Comincia la sua carriera in Morgan Stanley e successivamente collabora con McKinsey Company Nel 1996 passa ad Omnitel (l’attuale Vodafone Italia), in cui riceve la nomina a Direttore Generale. Nel 1999 ne diventa Amministratore Delegato nel 2001 è CEO per tutta la regione dell’Europa Meridionale, nel 2002 Membro del Consiglio di Amministrazione aziendale e infine nel 2003 CEO per le regioni Europa Meridionale, Medio Oriente e Africa. Nel 2004 entra in RCS come AD, incarico ricoperto sino al 2006 quando rientra all’interno del Gruppo Vodafone come Vice AD per la divisione Europa e nel 2008 diviene AD Dopo le dimissioni nel 2018 da Vodafone dal 2019 fa parte del comitato direttivo di Verizon. Nell’aprile 2020 è designato dal governo italiano per guidare la task force della cosiddetta “Fase 2” per la ricostruzione economica del Paese dopo la pandemia di COVID 19.

Giovannini

Nasce a Roma il 6 giugno 1957 si è laureato nel 1981 in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Nel dicembre del 1982 è assunto come ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Statistica ( occupandosi di contabilità nazionale e analisi economica). È chief-statistician dell’Ocse dal 2001 all’agosto 2009 presidente dell’Istat dall’agosto 2009 all’aprile 2013 Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 è Ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta. Nel 2014 il Segretario Generale delle Nazioni Unite lo nomina Co-chair dell’« Independent Expert Advisory Group on the Data Revolution for Sustainable Development ». È professore ordinario di statistica economica all’Università di Roma “Tor Vergata”, docente di Public management presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Luiss e membro di numerosi board di fondazioni e di organizzazioni nazionali e internazionali.
È co fondatore e Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ASviS una rete di oltre 270 soggetti della società civile italiana.

Cingolani

Nato a Milano il 23 dicembre 1961 si è laureato in Fisica presso l’Università di Bari. Nel 1991 è Ricercatore e poi Professore associato di Fisica Generale presso il Dipartimento di
Scienza dei materiali dell’Università del Salento, per poi passare alla Facoltà di Ingegneria nel 2000. Fra il 1997 e il 2000 è Professore in visita presso l’Università di Tokyo e la Virginia Commonwealth University. Dal dicembre 2005 è Direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, mentre nel 2015 gli viene assegnato il Premio Roma per la Scienza Dal 2019 è Responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo S.p.A.

Tutti e tre hanno collaborato alla realizzazione del Piano Colao, che personalmente reputo anni luce superiore al piano presentato dal Conte BIS. Draghi sembra darci una chiara indicazione della strada che vorrà percorrere con queste nomine di primo livello.

Su Cingolani ho storto il naso quando ho scoperto che non fosse a favore del nucleare. Però, per quanto io sia pro-nucleare, bisogna tenere in considerazione che in Italia rappresenti una questione spinosa, che probabilmente questo esecutivo non potrebbe portare a termine. Inoltre, Cingolani non rientra in quella visione di ambientalismo stereotipato, infatti il punto 31 del piano Colao punta proprio sul coinvolgimento del privato nella catena del valore. Un concetto agli antipodi della decrescita felice. Per i tecnici si tratta di indirizzare le aziende verso i processi di logistica inversa e di sostenibilità nella supply-chain, da cui generare profitto per le imprese.

Brunetta, Gelmini e Carfagna

Il Cavaliere riesce a ritagliarsi ben tre ministri senza portafoglio, ma comunque un ottimo risultato per un partito che ad oggi viaggia intorno all’8%.

Quasi un testamento

Con Tajani appena insignito del titolo di Coordinatore Nazionale, Berlusconi ha dettato il suo lascito. Anni che lo si dice, forse sarà la volta buona.

Su Brunetta si sprecano i commenti. Idioti fatemi dire. Provenienti spesso dalla sinistra che ama™. Il suo operato però è tutto fuorché semplice da analizzare. Come d’altronde anche l’operato della Gelmini, di cui ho subito le conseguenze, essendo nato nel 1995. Come buona norma eviterò di farmi influenzare dal mio bias e mi soffermo solo su Brunetta. Sulla Carfagna non ho un’opinione negativa, per quanto anche lei rappresenti il meno peggio.

Torniamo a Brunetta, che oltre ad aver forse scopiazzato qualche libro e aver fatto affermazioni abbastanza discutibili in relazione al Nobel, ha anche fatto cose giuste.

La riforma della PA, come scriverà poi Pietro Ichino, era di ottima qualità, poiché appunto prendeva a piene mani il progetto dello stesso Ichino.

Il progetto consisteva nel realizzare una commissione indipendente che potesse svolgere il ruolo di arbitro fra cittadini e Pubblica Amministrazione, commissione che non vedrà mai la luce.

Di Maio

DI MAIO NEL GOVERNO DRAGHI.

Non ci posso credere ma è così.

First reaction shock!

Nel governo dei più tecnici dovrebbero trovarsi solo persone di alto profilo, e invece troviamo Di Maio. Ora, ci sono alcune considerazioni da fare ovviamente. In primis ci sono due questioni che sono state sollevate nelle ultime ore. Sembrerebbe che i rapporti con gli USA verranno gestiti da Draghi direttamente. La seconda questione riguarda il commercio estero, che Di Maio si era portato dietro dal MISE. Bisognerà capire se Draghi opterà per riportarlo nelle mani di Giorgetti, questo spiegherebbe perché la lega sia così sottorappresentata. Se entrambe queste cose poi si dimostrassero vere, verrebbe ridimensionata la figura di Gigino, e se ne capirebbe la nomina.

Lamorgese

Su Lamorgese non ho molto da dire, a mio avviso si prosegue sulla via dettata da Minniti e accentuata da Salvini. Anche qui vale ciò che dicevo per il nucleare. Brutto da dire, io sono contro queste scelte, ma lo scontro con la realtà va tenuto sempre in considerazione, e la maggior parte degli italiani è a favore di queste politiche, inutile girarci troppo intorno.

Cartabia

Cartabia

Nata a San Giorgio su Legnano ( il 14 maggio 1963 è laureata in Giurisprudenza all’Università di Milano Bicocca. È professore ordinario di Diritto costituzionale Nel 2009 ha cofondato la prima rivista italiana di diritto pubblico in lingua inglese, l’ Italian Journal of Public Law che codirige dalla fondazione. Nel 2011 viene nominata dal Presidente della Repubblica giudice della Corte costituzionale. Vice Presidente dal novembre 2014 è eletta Presidente della Corte a dicembre 2019 ruolo che ricopre fino a settembre 2020 Dal 2018 è cofondatrice e copresidente dell’ Italian Chapter di ICON·S The International Society of Public Law.

Stiamo parlando della prima donna ad essere stata nominata presidente della corte costituzionale. Oggi viene criticata per il suo essere contro alcuni diritti che sono cari al popolo che si autodefinisce europeista e progressista, ovvero aborto e unioni civili.

La mia personalissima opinione è che non vada giudicata sulla base di queste sue posizioni, in quanto il ruolo che è chiamata a svolgere è quello di sostituire il non-rimpianto Buonafede. Speriamo riesca ad elaborare per l’Italia una riforma della giustizia degna di questo nome.

Giorgetti

L’europeista sovranista non dell’ultima ora, l’ossimoro è d’obbligo ma gliene va dato atto. Giogetti non è certamente uno degli europeisti dell’ultimo minuto che sono spuntati come funghi nelle ultime settimane.

Quanto meno la coerenza va apprezzata

Segnalo anche la sua contrarietà al taglio dei parlamentari, e pure il suo sostegno al progetto NATO. Uno dei pochi leghisti che vede nella Germania un partner commerciale e non un potere forte da sconfiggere. Per ora non mi sento di bocciare completamente questo nome, ma vedremo nei mesi a venire.

Orlando

Giunti ad Orlando, bisogna riconoscere a Draghi un bel senso dell’umorismo. Infatti, Orlando dovrà gestire il blocco dei licenziamenti e il peso del decreto dignità. Questione che potrebbe costare caro all’esponente PD. In entrambi i casi il premier ne esce pulito. Se verranno mantenute le due disposizioni la colpa ricadrà su Orlando, se verranno eliminate, verrà bruciato dai suoi stessi elettori.

Onestamente, dopo la fine indegna che è stata riservata alla Fornero, avrei anche io messo un politico in quel ruolo.

Speranza

Giungiamo all’ultimo dei ministri a cui voglio riservare due parole per poi avviarci ad una conclusione frizzantina.

Speranza ha sulla coscienza parte i morti delle RSA. Insieme a Conte, ai 5s e a tutti quei personaggi che hanno appoggiato tali misure. Ora, come detto più volte, non mi aspettavo una straordinaria gestione della pandemia da parte dell’Italia, a prescindere dal colore politico alla guida.

Ma quanto meno evitare il salvataggio di Alitalia per potenziare le RSA poteva essere una soluzione certamente migliore,

per non parlare del mancato utilizzo degli alberghi nella gestione della pandemia, che poteva, da una parte aiutare il settore turistico, e dall’altra limitare il contagio.

Beninteso, dubito che queste due soluzioni sarebbero state in grado di generare un qualche miracolo, ma è certo che la situazione sarebbe stata migliore. La scelta di Speranza me la spiego, o me la voglio spiegare, solo come mezzo di scambio per arrivare ad Arcuri. Ed effettivamente in queste ore circola un possibile mancato rinnovo del contratto per il super commissario, che lo solleverebbe dalla gestione della pandemia e dei vaccini.

Ancora Calenda

Prima di passare alle riflessioni conclusive, vi parlo di un tweet che mi ha visto protagonista

come sempre del resto Twitter è un posto magico

Qualcuno si è sentito chiamato in causa perché ho affermato che Di Maio agli Esteri sia una situazione più desiderabile di Calenda come ministro. Personalmente, ritengo Calenda incapace di fare il leader, ma magari mi sbaglio, e quindi forse c’è una qualche tattica, lontana dalla mia comprensione, nel risvegliare il gemello cattivo ogni tanto. Qualche volta ho provato a calcolare il clock di tale meccanismo, ma la soluzione appare ancora oscura.

Sta di fatto che un Calenda a Roma come Sindaco potrebbe far emergere nuove leadership all’interno di Azione. Conoscendone la base del partito sono abbastanza fiducioso che qualcosa di meglio rispetto all’ex Capo del MISE si nasconda fra i sottoposti.


Draghi nei ministeri che contano per il Recovery Plan, ovvero ambiente, innovazione, economia, salute, istruzione e ricerca, mette quasi esclusivamente dei tecnici. Da questa visione bisogna solo uscirne soddisfatti.

Si è assicurato di non fare la fine di Monti nominando per ogni partito importante almeno un ministro. Possiamo tranquillamente affermare che quello del secondo Mario non sia un governo tecnico, poiché per definizione

Un governo è tecnico quando il primo ministro e la maggioranza dei ministri sono dei tecnici.

In questo caso quindi mi sento di parlare di governo di larghe intese, molto simile, sotto questo aspetto, ai due governi che lo hanno preceduto.

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