Finanza, Scienze economiche

Evergrande, una nuova Lehman in Cina?

È già da qualche settimana che abbiamo imparato a conoscere Evergrande Group, il colosso cinese del real estate (e non solo), che con il suo possibile default ha portato instabilità sui principali mercati globali. Quello che spaventa e alimenta le preoccupazioni sono sicuramente la rilevanza sistemica del gruppo, che per vendite rappresenta la seconda azienda di sviluppo immobiliare in Cina, e l’alone di incertezza attorno ai possibili scenari futuri che si stanno delineando in queste ore.

Per comprendere al meglio la situazione e valutare i possibili sviluppi è necessario prima di tutto contestualizzare ciò di cui si sta parlando e, successivamente, inserirlo in una realtà complessa, articolata e non del tutto trasparente che è la Cina del XXI secolo.

Di chi stiamo parlando?

Come abbiamo già anticipato Evergrande è un gruppo asiatico che opera principalmente nel mercato immobiliare, ma non solo; infatti, gestisce attività anche nel settore sportivo, finanziario, dei beni di largo consumo, dell’automotive, salute, rete ed intrattenimento. Per anni ha dominato il mercato diventando una delle più grosse aziende del settore immobiliare in Cina.

Tuttavia, Evergrande nelle ultime 52 settimane ha perso circa l’80% del suo valore di mercato con una discesa vertiginosa iniziata il 1° di Febbraio del 2021. Come è possibile osservare dal grafico sottostante c’è stata una maggior variabilità del prezzo del titolo negli ultimi mesi, probabilmente causata dall’incertezza che avvolge la situazione del gruppo: da dove trae origine le difficoltà economiche dell’enorme colosso asiatico?

Figura 1 Andamento Prezzo

Figura 2 Rendimenti giornalieri log

Three Red Line: la riforma immobiliare cinese

Il governo cinese nel 2020 ha elaborato una riforma del mercato del real estate, dopo anni di robusta crescita, poiché ha compreso l’importanza sistemica dei costruttori immobiliari, sia per l’economia nazionale che per la salute del sistema finanziario. La ratio alla base di questa riforma è la stabilità del sistema, ottenuta persuadendo il settore a migliorare i fondamentali di bilancio e la capacità di copertura del debito, dunque un deleveraging, ottenuto limitando la capacità di accedere al prestito. Per dirla con le parole del presidente Xi Jinping, “shift the focus to improving the quality and returns of economic growth … to pursuing genuine rather than inflated GDP growth”.

Possiamo riassumere la riforma in 5 punti:

  1. Controllare il prezzo degli immobili: negli ultimi 15-20 anni è cresciuto al punto di diventare un bene di lusso per milioni di persone.
  2. Controllare il land market: l’aumento del prezzo degli immobili è connesso all’aumento del prezzo del suolo su cui è costruito. In parte, tali aumenti sono riconducibili al fatto che molte società acquistano tutti i lotti immobiliari, per costituire società dì real estate asset management, con lo scopo di rialzare il prezzo dei terreni.
  3. Razionalizzare il settore real estate: per canalizzare gli investimenti in altre aree economiche più produttive, siccome l’industria del real estate assorbe moltissime risorse.
  4. Ridurre la ciclicità: nel mercato cinese particolarmente forte, dovuta a continui on/off da policy di restrizione all’acquisto di immobili e price cap. L’obiettivo del governo è stabilizzare il mercato tramite “un meccanismo di lungo periodo per il mercato del real estate”.
  5. Rilevanza sistematica dei real estate developers: come detto, il settore immobiliare è rilevante non solo per le dimensioni, ma per le ripercussioni della filiera. I maggiori controlli sono volti a garantire sostenibilità del sistema.

Le tre linee rosse fungono da test di performance e sono:

  1. Liability-to-asset ratio (escludendo le advance receipts) minore del 70%.
  2. Net gearing ratio minore del 100%.
  3. Cash-to-short-term debt ratio maggiore di 1x.

Per semplificare, il governo cinese ha creato uno schema, che riproponiamo:

Figura 3 TRL

Figura 4 Mercato immobiliare cinese

Come è possibile osservare nella figura 4 tutto il settore immobiliare sta risentendo della nuova riforma.

Il paragone con il 2008

In queste ultime settimane molti giornalisti hanno cercato di fare dei parallelismi tra le vicende, riguardanti Lehman Brothers, che destabilizzarono i principali listi borsistici nel 2008, con quanto sta accadendo in Cina con il gruppo Evergrande. Secondo i sostenitori di questa tesi la similitudine sarebbe possibile dati degli elementi comuni, tra cui:

  • Il coinvolgimento del mercato immobiliare;
  • L’importanza sistemica del soggetto in default.

Per quanto riguarda la prima affermazione è sicuramente vero che entrambi questi eventi hanno a che vedere con il mercato immobiliare, ma secondo differenti processi causali: nel 2008, per quanto riguarda il mattone ed il sistema bancario, il problema furono i mutui sub-prime e i cds, mentre in questo caso la crisi potrebbe essere stata innescata dalla riforma del TRL cinese che aveva ed ha come scopo quello di ridimensionare un mercato che da solo rappresenta circa il 29% del GDP. Mentre, per quanto riguarda il secondo punto, è indubbio il peso rilevante di Evergrande (288 miliardi di Euro di debiti alla seconda trimestrale 2021, un fatturato di 66 miliardi di Euro al 2020 ed un utile di 1 miliardo), tuttavia non è paragonabile ad un fallimento di un istituto bancario il quale, per definizione, è intrinsecamente collegato all’intero sistema creditizio (nel bilancio di Lehman figuravano debiti per 613 miliardi di dollari). Il fallimento di Lehman innescó una crisi di liquidità tra le banche che raggelò interamente il mercato interbancario. In quel caso la liquidazione di Lehman fu anche un modo per comunicare che nessuno era veramente troppo grande per fallire, scongiurando ogni possibile aumento dell’azzardo morale da parte degli agenti. Attenzione, non si vuole intendere che la crisi di Evergrande non avrà ripercussioni di alcun tipo, ma semplicemente che le due crisi sono intrinsecamente differenti e non direttamente paragonabili perché hanno differenti derivazioni.

Too Big to Fail: cosa significa e cosa ha significato nelle recenti crisi?

Questa frase non si riferisce alle dimensioni della società, ma quanto essa sia intrecciata nell’economia globale, tale che il suo fallimento sarebbe catastrofico.

La proposizione è stata fondata dall’amministrazione Bush, per descrivere la necessità di intervento per salvare dal fallimento un’azienda privata tramite prestiti agevolati, esenzione fiscale o aiuti finanziari, il cd bailout.

Prendiamo come esempio la American International Group (AIG), una delle più grandi compagnie assicuratrici del mondo. Pur essendo uno dei nomi meno conosciuti, rispetto a Lehman o Citigroup, consideriamo la AIG, in quanto uno degli interventi finanziari più grandi della storia.

Il default di questa società è connesso ai credit default swaps (CDS), ossia strumenti derivati che permettono ad un soggetto (A) di trasferire il rischio di credito collegato all’insolvenza di una reference entity ad un altro soggetto che emette il CDS, previo pagamento di un premio chiamato credit default spread. Questi contratti assicuravano i mutui cartolarizzati acquistati dagli investitori, per ridurne il rischio in caso di default: se AIG avesse dichiarato bancarotta, avrebbe causato problemi strutturali di risk management alle imprese a cui forniva copertura tramite cds.

Il problema in questo caso è di duplice natura: da un lato AIG aveva sottoscritto cds contro prestiti subprime costringendo la società a aumenti di capitale milionari, innescando vendita sfrenata delle azioni da parte dei soci, rendendo più complesso coprire i cds; dall’alto lato, pur avendo asset da liquidare, AIG non è riuscita a smobilizzarli prima di dover pagare i cds.

La Fed ha acquistato 52.5 miliardi di dollari in mortage-backed securities (MBS), ossia una tipologia di asset backed security (ABS) derivante e garantita dalla cartolarizzazione di un prestito ipotecario sottostante o di un portafoglio di prestiti ipotecari sottostanti. Con questi fondi, la AIG è riuscita a ritirare i cds, salvando il settore finanziario dal collasso.

Possibili scenari

China Evergrande Group non sembra poter procedere con il pagamento della cedola di 84 milioni di dollari scaduta il 23 settembre 2021. Pechino sembrerebbe non voler effettuare un salvataggio, ma la Banca centrale è intervenuta anche oggi per stabilizzare il sistema iniettando altri 70 miliardi di dollari. Per quanto riguarda il mercato europeo la Lagarde è intervenuta dicendo: “Stiamo monitorando la crisi del debito di Evergrande ma in Europa e nell’area dell’euro in particolare, l’esposizione diretta sarebbe limitata. Oggi ho avuto un briefing perché penso che tutti i mercati finanziari siano interconnessi. Ho ricordi molto vividi degli ultimi sviluppi del mercato azionario in Cina che hanno avuto un impatto in tutto il mondo, ma in Europa e nell’area dell’euro in particolare, l’esposizione diretta sarebbe limitata.”

Figura 5: Coupon: : https://edition.cnn.com/2021/09/22/investing/evergrande-bond-interest-payments-intl-hnk/index.html

Come riportato dal Sole 24 Ore, sulle dinamiche del mercato immobiliare sembrerebbe che i prezzi delle case siano a rischio di “ribasso significativo” indipendentemente da ciò che accadrà ad Evergrande. Le autorità stanno cercando di limitare i prezzi degli immobili più bassi a causa delle svendite di Evergrande, implementando sistemi di prezzi minimi, i quali però non stanno dando i risultati sperati. Sono state inoltre segnalate vendite di terreni al ribasso: a Hangzhou nove appezzamenti di terreno su dieci sono rimasti invenduti durante il secondo lotto di offerte. Ora, con lo sguardo fisso da parte del resto del mondo, resta da capire in che direzione il PCC vorrà muoversi per gestire la crisi.

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Simone Brazzi
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