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Di Russia, querele e libertà di stampa

È un normalissimo venerdì nella città giudiziaria romana, ma passerà alla storia come il giorno in cui l’ambasciatore della Russia di Putin ha depositato una querela nei confronti di due giornalisti italiani de “La Stampa”.

La cosa era stata annunciata da un comunicato dell’ambasciata che parlava di “dichiarazioni alla stampa”, ma la dichiarazione alla fine è durata più di trenta minuti ed è stata soprattutto un modo per ribadire la linea del Cremlino sull’operazione militare speciale.

Querela: un percorso complesso

Prima di proseguire con le dichiarazioni rese alla stampa, vorrei porre l’accento sul motivo per cui tutto ciò è accaduto appena fuori la città giudiziaria.
Prima di tutto il deposito di una querela ha un iter ben preciso, bisogna chiamare l’ufficio apposito e chiedere un appuntamento, e si avrà un giorno e un orario ben preciso in cui essere lì; a questo punto mi chiedo se anche l’ambasciatore abbia seguito tale l’iter.
La querela può essere depositata in presenza o in via telematica dal proprio avvocato, e quest’ultima è la modalità preferita dopo lo scoppio della pandemia. In questo caso l’accesso alla città giudiziaria è stato bloccato dalle 8.30 in poi, segno che forse ci si aspettava l’arrivo dell’ambasciatore e non di un semplice avvocato.

Cosa è successo?

L’articolo oggetto di querela è di Domenico Quirico è si intitola “Se uccidere il tiranno è l’unica via d’uscita”, il motivo della querela?
L’articolo istigherebbe l’omicidio di Putin.
L’ambasciatore afferma testualmente che l’articolo procede ad una “istigazione a delinquere e apologia di reato”.
No, non è una battuta.

“Ovvero morto il despota cosa succede? Il nocciolo della questione, cinicamente imposto, non è se un assassinio sia mai giustificabile ma se l’assassinio sia efficace. Dovete poter rispondere che lo è: che ci consentirà cioè di raggiungere, nella Russia di oggi e in questa situazione di guerra, obiettivi altrimenti inaccessibili a causa del controllo ferreo che Putin esercita sul Paese; o per l’impossibilità in tempi brevi che perda la guerra e venga travolto dalla sconfitta. Che è più sicura tagliola in cui hanno lasciato le zampe lupi assai più astuti e feroci di lui.”

Un’azione sensata?

Il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall’art. 414 cod. pen., è un reato di pericolo concreto e non presunto. Infatti per la sua configurazione richiede un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio “ex ante”, a provocare la commissione di uno o più delitti.

Questo è uno dei due punti contestati nella querela. Nell’articolo in questione però ci si chiede se l’omicidio del tiranno sia efficace, e se potrebbe far raggiungere la fine delle ostilità. Ma di certo non è un incentivo a commettere un delitto di tale portata.

Poi passiamo all’apologia di reato; secondo cui un soggetto dovrebbe esaltare o difendere pubblicamente un’azione che viene vista come reato nello stato in oggetto. Sembra fuori da ogni logica a molti avvocati con cui ho avuto modo di confrontarmi nelle ultime ore; perché il giornalista premette in modo chiaro e incontrovertibile che il punto non è chiedersi se sia giustificabile, dato che non lo è, ma se potrebbe essere astrattamente efficace.

È chiaro quindi che la presentazione di una querela di persona e non per mezzo del proprio avvocato era solamente un modo per avere dei microfoni a cui ribadire l’opinione russa sulla questione Ucraina e accusare gli italiani di gettare fango sull’operazione russa in Italia avvenuta nel 2020.

Le influenze della Russia

Ciò dimostra come l’Italia negli ultimi anni si sia avvicinata pericolosamente alla Russia; ma con il parlamento più filo-russo della storia della Repubblica non ci si poteva aspettare nulla di diverso, purtroppo.

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