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Don’t look up: mini-recensione (senza spoiler)

Don’t look up è il film del momento. Di questa opera, più che una recensione tecnica (che non saprei fare) un commento su un film che ritengo il più importante dell’anno. Non il più bello, ma il più importante.

Il film è volutamente esagerato, stereotipato e sarcastico fino in fondo, portando all’esasperazione la realtà di oggi e nascondendo diverse critiche.

La prima critica è alla politica. Una presidente donna, la prima del paese più potente del mondo, è lo stereotipo della politica incompetente e interessata solo a perpetrare se stessa. Il fatto che sia palesemente Trump al femminile non ci deve ingannare, non è una frecciatina riservata ai repubblicani. Al tempo stesso rappresenta il declino della destra americana da Trump in poi e l’arroganza dei democratici che, convinti della loro superiorità morale, pretendono che una donna ricopra un ruolo importante a prescindere dalle proprie competenze. Così sminuendo soprattutto quelle donne che vogliono rappresentare.

La seconda è al “popolo”. In “Don’t look up” i cittadini, informati con dati e opinioni di esperti sulla gravità della situazione, sono troppo occupati a commentare un’intervista sui social per chiedere soluzioni pratiche. Così come per l’emergenza climatica prima e quella pandemica poi, il popolo preferisce dividersi in due fazioni: chi crede al guru di turno (non tanto per le tesi esposte, quanto per la necessità di credere a qualcuno) e chi, invece, nega l’esistenza del problema e ne deride i messaggeri.

La terza è alla televisione (quindi sempre a noi). Quello che forse è il media più efficace per trasmettere un messaggio utile alla comunità viene usato per intrattenere, divertire, creare una storia. Ecco che chi punta il dito verso la luna, in questo caso lo scienziato, diventa l’attrazione principale, si trasforma nel guru che cerchiamo. Ciò non inizia per ego dello stesso, ma perché è quello che vuole lo spettatore. Un eroe, un cattivo, il protagonista di una storia. Il problema, cioè l’imminente distruzione del pianeta, non è più l’attrazione principale.

La quarta è alla comunità scientifica, ed è duplice. Prima di tutto è interessante notare come il professore decida di attribuire tutti i meriti della scoperta alla studente promettente, cosa alquanto improbabile all’interno dell’accademia. Solitamente il docente si nutre di fama mettendo in ombra i propri studenti; non sempre è così, ma è prassi comune. Successivamente, però, anche il nostro professore tutto d’un pezzo si lascia corrompere. Ormai nutrito di fama e successo, non può più rinunciarvi, tanto da venir meno alla propria etica. Un compromesso dopo l’altro, lo scienziato corretto diventa solo un megafono del potere politico.

Quasi ci si dimentica, osservando il mondo e le sue irrazionali risposte, che la fine è arrivata e non è stato fatto nulla per impedirlo. Così ogni parte si rende conto, ora che la cometa è ben visibile nel cielo, delle proprie debolezze. La politica fa quello che sa fare meglio quando sbaglia: fugge. Il popolo fa altrettanto, impazzendo. La comunità scientifica non esiste più. A guardare la televisione, ormai, non è rimasto nessuno.

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