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I green bond: finanziare la sostenibilità

In questi ultimi giorni in Italia si sta parlando dei green bond a seguito della loro adozione come forma di finanziamento nazionale per perseguire politiche volte alla sostenibilità.  Cosa è un green bond, come si differenzia da un normale titolo di stato e quali sono le criticità sono solo alcune delle domande alle quali questo articolo si propone di rispondere.

I green bond – partendo dalla loro definizione tecnica – sono uno strumento obbligazionario emesso da istituzioni sovranazionali, imprese, municipalità e agenzie statali, volte a finanziare esclusivamente progetti a carattere ambientale.

Negoziati (in Italia) sui mercati MOT ed ExtraMOT, ne distinguiamo quattro diverse tipologie:

  1. Standard Green Use of Proceed Bond: di caratteristiche standard, è emessa direttamente dall’emittente col carattere “recourse to the issuer” (se quest’ultimo non adempie ai suoi obblighi contrattuali, il prestatore può soddisfarsi con un dato bene dell’emittente dato a “titolo di garanzia” – c.d. collateral);
  2. Green Revenue Bond: del tipo “non recourse to the issuer”, l’esposizione creditizia all’interno del titolo è imputabile ai flussi di cassa provenienti e garantiti dai ricavi, commissioni e tasse; i proventi sono utilizzati per progetto correlati (o meno) a tali flussi;
  3. Green Project Bond: è emesso per finanziare uno o più progetti in cui l’investitore è esposto direttamente al rischio avendo la facoltà o meno di rivalersi e di fare ricorso all’emittente;
  4. Green Securitised Bond: è un’obbligazione a garanzia di uno o più progetti “green” specifici.

La creazione di questa fattispecie di strumenti è alquanto recente – la prima emissione da parte della Banca Europea degli Investimenti (BEI) risale al 2007 con la denominazione di Climate Awarness Bonds (CAB) vista la destinazione alla lotta contro i cambiamenti climatici – e da questa primaria identificazione, si può comprendere come una delle principali differenze con i tradizionali titoli di Stato sia il vincolo di destinazione del finanziamento.

Il mercato per questi strumenti è in una fase d’incremento esponenziale.

Infatti, dopo eventi come l’introduzione dei Green Bond Principles (a cui tutte le quattro sopracitate tipologie sono conformi, sebbene non esista ancora una metrica con cui certificare green un’obbligazione), gli accordi sul clima e la Cop 21 parigina, si stima che tale comparto abbia raggiunto – a livello globale uno stock outstanding pari a 760 miliardi di euro, con una forte crescita nel terzo trimestre del 2020 (80 mld rispetto ai 40 collocati nel secondo trimestre) che porta il totale delle emissioni nette realizzate da inizio anno a 214 miliardi (ben oltre i 175 raggiunti nel 2019), un incremento che ha riguardato (+33% rispetto al 2019) anche le emissioni governative (Fonte: report Intesa Sanpaolo, 19 novembre 2020).

Una tale espansione è stata possibile proprio grazie alla sopracitata innovazione dei GBP formulati dall’International Capital Market Association (ICMA), cioè una serie di criteri standard che guidino gli emittenti in un’efficace collocazione di green bond, promuovendo la disponibilità delle informazioni necessarie a valutare l’impatto ambientale dei propri investimenti e assistendo i sottoscrittori; in tal senso, un altro punto di differenza rispetto ai bond tradizionali sono i quattro “punti cardine” ai quali un’emissione dovrebbe attenersi:

  1. chiara individuazione della destinazione delle risorse raccolte (Management of Proceeds);
  2. specifici procedimenti di valutazione e selezione dei progetti (Process for Project Evaluation and Selection);
  3. trasparenza su obiettivi e utilizzo delle risorse (Use of Proceeds);
  4. informazione sullo status dei progetti finanziati (Reporting).

Il caso dei BTP green

Lo scorso 25 febbraio Davide Iacovoni – responsabile del Tesoro per il debito pubblico – ha annunciato durante la conferenza stampa di presentazione del green bond framework, l’imminente approdo nei mercati finanziari dei BTP green come strumento per fronteggiare le sfide del cambiamento climatico.

Egli stesso affermò altresì che “l’emissione nel primo trimestre del 2021 è un obiettivo alla portata sulla quale stiamo lavorando”, tant’è che il MEF ha rilasciato un comunicato stampa lo scorso 3 Marzo, nel quale ha annunciato i risultati dell’emissione della prima tranche del BTP Green.

Questo primo collocamento è avvenuto tramite un sindacato di cinque lead manager (BNP Paribas, Crédit Agricole Corp. Inv. Bank, Intesa Sanpaolo S.p.A., J.P. Morgan AG e NatWest Markets N.V.) e dai restanti specialisti in titoli di Stato italiani in qualità di co-lead manager, per un importo pari a 8,5 miliardi collocati:

Questi strumenti finanziari, come annunciato, saranno al momento sottoscrivibili solo da controparti istituzionali, fermo restando la successiva compravendita nel mercato secondario; tale scelta è dovuta alla volontà del MEF di monitorare nella prima fase (e per le prime emissioni) il comportamento e la risposta della clientela retail al collocamento dei BTP green in un mercato in transizione, caratterizzato da un’ampia domanda ed un’offerta scarsa, soprattutto per quanto riguarda gli emittenti sovereign, ma in forte crescita.

Scopo di tale emissione è il finanziamento della spesa pubblica statale volta a perseguire i sei obiettivi ambientali esplicitati all’interno del “quadro di riferimento per l’emissione di titoli di stato green”, ossia:

  1. Mitigazione dei cambiamenti climatici;
  2. Adattamento ai cambiamenti climatici;
  3. Uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e dell’ambiente marino;
  4. Transizione ad un’economia circolare;
  5. Prevenzione e controllo dell’inquinamento;
  6. Protezione, miglioramento e ripristino della biodiversità, degli ecosistemi e dei servizi ambientali.

Inoltre, l’utilizzo dei proventi raccolti tramite le emissioni dei green bond aiuterà l’Italia a perseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 (OSS), contribuendo al raggiungimento dei seguenti obiettivi presenti nella Sustainable Development Agenda 2030 dell’ONU:

  1. Obiettivo 6: Acqua Pulita e Igiene;
  2. Obiettivo 7: Energia Pulita e Accessibile;
  3. Obiettivo 11: Città e Comunità Sostenibili;
  4. Obiettivo 12: Consumo e Produzione Responsabili;
  5. Obiettivo 13: Agire per il Clima;
  6. Obiettivo 14: Vita Sott’Acqua;
  7. Obiettivo 15: Vita Sulla Terra.

Per ciascuna emissione di BTP Green sono considerate ammissibili le spese incluse nei bilanci preventivi dello Stato relativi all’anno di emissione, all’anno successivo e ai tre anni precedenti l’anno di emissione. Inoltre, è importante evidenziare come il comitato abbia deciso di escludere ogni tipologia di spesa che possa rientrare in categorie quali:

  1. Estrazione, lavorazione e trasporto di combustibili fossili;
  2. Fissione nucleare;
  3.  Impianti di energia (incluse le biomasse) con livelli di emissione CO2 superiori a 100g CO2/kWh;
  4. Lavorazione e produzione di bevande alcoliche;
  5. Contratti militari;
  6. Gioco d’azzardo;
  7. Produzione di armi;
  8. Lavorazione e produzione di derivati del tabacco;
  9. Attività mineraria

Ovviamente includere progetti della seconda categoria era impossibile visti i due referendum tenutisi nel 1987 e nel 2011. Tuttavia, dal mio punto di vista, la tematica meriterebbe una rivalutazione strategica e un ricollocamento di spessore nel dibattito pubblico, data l’importanza strategica del settore per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità e lotta al cambiamento climatico, come emerso dalla live sul nucleare e l’ambientalismo presente sul canale Youtube di EconomiaItalia.

Nota di chiusura: la criticità del concetto “green

Ora che abbiamo identificato cosa siano i green bond, non ci resta che concludere considerando una delle criticità maggiori mossa nei confronti di questi strumenti: la mancanza di standard comuni per la definizione del termine “green”.

Infatti, in assenza di linee guida universalmente condivise che permettano di individuare in maniera univoca questa tipologia di strumenti, molti investitori potrebbero essere scoraggiati dall’investire a causa del rischio di greenwashing. In tal senso l’Unione Europea sta discutendo una bozza per definire standard validi per questa tipologia di strumenti finanziari.

Pertanto, se i green bond rappresentano certamente un valido strumento di finanziamento per progetti sostenibili e molto probabilmente seguiranno il trend crescente di diffusione degli ultimi anni, dall’altro lato è necessario arrivare sia ad una regolamentazione comune che inserire questi mezzi finanziari all’interno di una strategia ambientale credibile a livello nazionale, europeo e globale. Solo in quest’ottica potranno essere validi alleati per la lotta ai cambiamenti climatici.

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