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Il punto sull’embargo statunitense a Cuba e le attuali proteste

I recenti eventi di Cuba, dove da domenica 11 luglio è iniziata una insolita mobilitazione di massa, hanno presto aperto la strada a diverse interpretazioni sulle cause delle proteste. La spiegazione più gettonata è molto semplice, ormai scontata: “è tutta colpa dell’embargo”. Molti, infatti, tendono ad imputare i gravi, storici problemi dell’economia cubana esclusivamente all’embargo economico imposto dagli Stati Uniti, riecheggiando la stessa tesi sostenuta dal presidente cubano Miguel Diaz-Canel: l’embargo statunitense è una politica di asfissia e soffocamento, che condanna Cuba al mancato sviluppo economico. Ma, come vedremo, dire che è tutta colpa degli americani è un’enorme semplificazione, ancora più inappropriata a spiegare il contesto delle attuali proteste.

Occorre fare una premessa: è indubbio che tale misura abbia avuto un qualche impatto negativo sull’economia cubana, se non altro perché pone diversi ostacoli burocratici , come il requisito di diverse licenze o di pagamento in contanti (in dollari) dei beni importati, il che rende più difficile gli scambi commerciali. Oltretutto, aspetti economici a parte, chi scrive ritiene che si tratti di una politica dannosa quantomeno perché fornisce una foglia di fico alla leadership cubana per giustificare i propri fallimenti e la mancanza di riforme serie, potendo sempre incolpare “l’imperialismo USA” di tutti i mali del Paese. Così come fornisce apparentemente una spiegazione semplice ed immediata del perché Cuba è povera, che gli inguaribili ammiratori occidentali del regime cubano possono tirare fuori all’occorrenza.

L’embargo, che esiste in varie forme dagli anni 60’, è stato ammorbidito da Obama durante il suo secondo mandato ma poi nuovamente inasprito durante la presidenza Trump, in particolare attraverso la limitazione dei viaggi verso l’isola e delle rimesse degli emigranti, dunque colpendo due principali fonti di reddito dell’isola. Tuttavia, se l’embargo esiste da decenni, ma solo oggi i cittadini cubani, stanchi ed esasperati, sono scesi in piazza a protestare, viene da pensare che le cause scatenanti delle manifestazioni devono essere trovate anche altrove. A Cuba si protesta principalmente per il rialzo dei prezzi generalizzato, per la carenza di cibo e medicine, per le frequenti interruzioni di energia elettrica e per le inefficienze governative nella gestione della pandemia – oltre che contro gli abusi di un governo autoritario che attraversa da tempo una crisi di legittimazione, venuto meno il potere carismatico dei Castro. Negli ultimi mesi, fuori dai negozi ci sono file che possono durare ore, e i prezzi dei beni di prima necessità sono diventati proibitivi sul mercato nero. Qualcosa di tutto ciò ha direttamente a che fare con l’embargo? Non l’elevata inflazione, che è legata alla combinazione tra riforma monetaria intrapresa recentemente e scarsità di beni. In estrema sintesi, da gennaio 2021 a Cuba non ci sono più due monete (il CUC, peso convertibile, e CUP, peso cubano) ma rimane in circolazione solo il CUP, con un cambio fisso di 24 pesos per 1 dollaro. Fino a giugno c’è stato tempo per scambiare CUC in CUP. Il CUC era usato quasi esclusivamente nel settore turistico e dagli stranieri, oltre che per pagare i prodotti importati, mentre la stragrande maggioranza dei cubani, impiegati nel settore pubblico, riceveva gli stipendi in CUP. Prima della riforma 1 CUC valeva 1 dollaro, mentre servivano 25 CUP per 1 CUC. Cercando di mitigare gli effetti traumatici della riforma sulla popolazione, soprattutto in termini di perdita di potere d’acquisto per chi possedeva CUC, il governo ha aumentato i salari nel settore statale (il salario minimo è aumentato dal 525%) e le pensioni. Ancora, sono stati eliminati diversi sussidi per l’acqua, i trasporti e l’elettricità e il peso è stato svalutato del 95% contro il dollaro nel tentativo di stimolare le esportazioni e ridurre le importazioni. L’intero processo è, com’era prevedibile, risultato in un aumento dei costi di produzione, che, accompagnato da una crescente scarsità di beni, ha generato una spirale inflazionistica. L’inflazione ha di fatto assorbito i guadagni nella crescita dei salari, erodendo il potere d’acquisto delle persone; secondo alcune stime, nei prossimi mesi i prezzi potrebbero aumentare tra il 500-900%. Tutto ciò si accompagna all’aumento dei prezzi degli alimentari nel mondo, oltre alla riduzione degli aiuti dal Venezuela, che ha venduto petrolio a Cuba a prezzi bassissimi per anni.

Uno dei principali problemi di Cuba al momento è però soprattutto la carenza di valuta estera usata per pagare le importazioni. Con tutte le sue forti limitazioni e gli effetti distorsivi che generava, il sistema delle due valute aveva un vantaggio fondamentale: garantiva al governo uno stabile stock di riserve di valuta estera, indispensabile per pagare le importazioni dall’estero (soprattutto cibo, carburante, fertilizzanti) da cui Cuba è molto dipendente. L’esplosione della pandemia ha però fatto venire meno una delle principali fonti non solo di reddito, ma anche di valuta forte per il paese, ovvero il turismo, praticamente collassato . Tutto ciò ha avuto pesanti conseguenze per l’economia cubana, e la carenza di dollari ha reso difficile pagare le importazioni, generando una crisi alimentare. Il motivo è che Cuba non è in grado di soddisfare autonomamente il proprio fabbisogno alimentare per diversi motivi, tra cui il fatto che la produzione locale non è molto conveniente per gli stessi contadini. Secondo i dati del World Food Programme, tra il 70 e l’80 per cento del cibo consumato dai cubani viene importato dall’estero, pagando in valuta estera, proveniente soprattutto dal turismo, dalle rimesse dei cubani all’estero e dai servizi medici all’estero. Rispetto al 2019, nel 2020 le importazioni sono calate del 30%: il che significa scarsità di molti prodotti, la cui necessità è per di più aumentata durante la pandemia. Già nel 2019, per fare fronte alla carenza di riserve di valuta estera , il governo ha incoraggiato la creazione di negozi a valuta liberamente convertibile (MLC). Inizialmente tali negozi dovevano vendere solo beni di fascia medio-alta, ma poi hanno iniziato a vendere alcuni beni essenziali in dollari. Oggi il cibo e i beni di prima necessità sono venduti quasi esclusivamente in valuta estera, non detenuta dalla maggioranza della popolazione. Una decisione impopolare è stata poi presa dalla Banca Centrale Cubana, che a giugno 2021 ha annunciato la sospensione dei depositi bancari in dollari dopo 10 giorni, nel tentativo di raccogliere i dollari in circolazione nel paese.

Ma, se davvero l’embargo soffoca e affama la popolazione cubana, com’è possibile che Cuba importa solitamente così tanta roba? In primis, perchè l’embargo non è – sebbene spesso venga erroneamente definito tale – un blocco. Non esiste nulla che impedisce di fatto a Cuba di commerciare con qualsiasi paese terzo o impresa di altri paesi nel mondo, che di fatto hanno mantenuto relazioni commerciali con l’isola negli anni. In questo momento né l’Italia né l’Unione Europea hanno in vigore sanzioni o altri provvedimenti restrittivi del commercio nei confronti di Cuba. Infatti, tra i principali paesi da cui Cuba importa alimenti troviamo Spagna, Cina, Italia, Canada e Russia e, al sesto posto, proprio gli Stati Uniti Oltretutto, dal 2000 l’embargo non riguarda l’export di cibo e medicine dagli Stati Uniti, sebbene quest’anno la quantità di beni alimentari importati è al minimo dal 2002.

Infine, veniamo alla situazione pandemica. Il governo cubano era stato lodato per la gestione della pandemia nella sua fase iniziale, ma la situazione pandemica nell’isola sta peggiorando sensibilmente nelle ultime settimane. La carenza di siringhe sta rallentando le vaccinazioni (per adesso solo il 15% della popolazione è vaccinata) e negli ultimi giorni i video degli ospedali sovraffollati, a causa dell’aumento del numero delle persone ricoverate, hanno fatto il giro del web. Secondo diverse testimonianze, i cubani muoiono spesso in casa, senza ricevere cure mediche, o in ospedale, per mancanza di medicine. Di fronte alla situazione sempre più drammatica, su Twitter è stata lanciata la campagna #SOSMatanzas, volta a portare alla luce la gravità della situazione cubana e a proporre la creazione di canali per l’invio di aiuti umanitari e la creazione di un corridoio tra i cubani negli USA e l’isola. Il governo cubano ha subito denunciato l’iniziativa come un’ingerenza del governo americano e non vuole ricevere aiuti umanitari. Cuba ha deciso di non aderire all’iniziativa COVAX, un meccanismo internazionale istituito dalla World Health Organization, volta a fornire vaccini gratuiti o a costo ridotto ai paesi in necessità, optando per sviluppare i suoi propri vaccini.

In conclusione, l’embargo spiega in misura estremamente limitata l’origine dei problemi economici strutturali di Cuba, così come i meccanismi che hanno spinto buona parte della popolazione a scendere in piazza a protestare, che riguardano largamente il marcato peggioramento della situazione economica, politica, sanitaria e sociale del Paese. Bisognerebbe chiedersi cosa rimarrebbe anche una volta rimosso il mitico embargo statunitense, visto come un macigno che impedisce all’economia cubana di spiccare il volo: un regime autoritario e corrotto, dove le libertà economiche e i diritti fondamentali dei cittadini sono limitati e il dissenso molto poco tollerato, in crisi perché incapace di rispondere alle basilari richieste di benessere della popolazione.

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