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Il salario minimo sarà applicato anche in Italia?

salario minimo

Il diritto a salari minimi adeguati è contenuto nel principio 6 del pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato congiuntamente dal Parlamento europeo, dal Consiglio a nome di tutti gli Stati membri e dalla Commissione europea a Göteborg nel novembre 2017.

Il salario minimo è la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo. Non può essere in alcun modo ridotta da accordi collettivi o da contratti privati. È in sostanza, una “soglia limite” di salario sotto la quale il datore di lavoro non può scendere.

Le legislazioni nei diversi Paesi Europei e non, hanno calcolato il salario minimo alla luce di una serie di parametri come:

Se fissato a un livello adeguato, il salario minimo ha un impatto sociale positivo. Ma non solo, apporta benefici economici più ampi in quanto riducono la disuguaglianza salariale, aiuta a sostenere la domanda interna e rafforza gli incentivi al lavoro. Può anche contribuire a ridurre il divario retributivo di genere, dal momento che più donne che uomini guadagnano un salario minimo. La proposta contribuisce inoltre a proteggere i datori di lavoro che pagano salari dignitosi ai lavoratori garantendo una concorrenza leale.

L’attuale crisi ha colpito, in particolare, i settori con una quota più elevata di lavoratori a basso salario come le pulizie, la vendita al dettaglio, la sanità  e l’assistenza residenziale. Garantire una vita dignitosa ai lavoratori non è solo importante durante la crisi, ma anche essenziale per una ripresa economica sostenibile e inclusiva.

A che punto siamo in EU?

I salari minimi esistono in tutti gli Stati membri dell’UE. Sono ventuno i paesi che hanno salari minimi legali e in sei Stati membri (Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia) la protezione del salario minimo è fornita esclusivamente da contratti collettivi. Tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, i lavoratori sono colpiti da un’adeguatezza insufficiente e/o da lacune nella copertura della protezione del salario minimo. Gli effetti positivi di un salario minimo li troviamo nei paper di David Card, Joshua Angrist e Guido Imbens, freschi vincitori del premio Nobel per l’economia. Recentemente abbiamo altri risultati sul salario minimo e per questi rimando la lettura qui.

L’importanza di avere un salario minimo è sottolineata anche dal nostro presidente della Commissione Europea Von Ver Leyen, che dice:

La proposta odierna di salari minimi adeguati è un segnale importante che anche in tempi di crisi, la dignità del lavoro deve essere sacra. Abbiamo visto che per troppe persone il lavoro non paga più. I lavoratori dovrebbero avere accesso a salari minimi adeguati e a un tenore di vita dignitoso. Quello che proponiamo oggi è un quadro per i salari minimi, nel pieno rispetto delle tradizioni nazionali e della libertà delle parti sociali. Migliorare le condizioni di lavoro e di vita non solo proteggerà i nostri lavoratori, ma anche i datori di lavoro che pagano salari dignitosi. La verità è che per troppe persone il lavoro non è più remunerativo: il dumping salariale distrugge la dignità del lavoro, penalizza l’imprenditore che paga salari dignitosi e falsa la concorrenza leale nel mercato unico

E’ davvero necessario un salario minimo per l’Italia?

Secondo uno studio della Commissione Europea, i paesi caratterizzati da un’elevata copertura della contrattazione collettiva ( CC ) tendono ad avere una % inferiore di lavoratori a basso salario, salari minimi più elevati rispetto al salario mediano, minori disuguaglianze salariali e salari più elevati”.

Infatti i salari minimi più elevati in rapporto ai salari mediani, si trovano solo in Italia e Danimarca, in cui è presente la contrattazione collettiva. Rispetto alle richieste pendenti in Parlamento di fissare un salario minimo di 9 euro l’ora, il contratto metalmeccanico parte da un minimo di 10 €/h fino a 16,31 €/h . 

Inoltre, negli ultimi trent’anni il salario medio in Italia è diminuito del 2,9% in termini reali, mentre in Germania è cresciuto del 33,7% e in Francia del 31,1%. Oggi siamo al 13° posto in Europa per salario medio e non stupisce che in Italia sia particolarmente elevata (e in crescita nell’ultimo decennio) la quota di lavoratori dipendenti che si trova in condizioni di povertà (il 10,3% nel 2019).

Infatti, si registrano differenze nel salario rispetto al regime orario di lavoro e al tipo di contratto; i lavoratori a tempo determinato scontano un salario mediano inferiore dell’8,7% rispetto al totale. Ciò vuol dire che in Italia è necessaria una riforma anche del mercato del lavoro, perché ricordiamolo, abbiamo circa 800 contratti collettivi nazionali. Quindi non abbiamo un solo salario minimo, ma molti, ed è questo il primo problema da risolvere, la frammentazione dei contratti collettivi.

Quindi come siamo messi?

L’introduzione di un salario minimo ha sempre visto, purtroppo, sindacati e organizzazioni datoriali uniti nel rigettare l’idea, sostenendo che non c’è ne sia bisogno. Ma i fatti dicono il contrario, se consideriamo solo la vasta platea di lavoratori con contratti parasubordinati, questi – tranne rare eccezioni – sono generalmente esclusi dalla copertura della Contrattazione Collettiva(CC).

Se la direttiva indipendentemente dalla attuale congiuntura riuscirà a rafforzare la CC, elevare i minimi retributivi e come, nel caso dell’Italia, invertire la tendenza alla frammentazione contrattuale, saremo in grado di invertire anche la tendenza a ribasso della crescita salariale in termini reali. In alternativa allora, sarà necessario introdurre per legge un salario minimo e togliere la decisione alla volontà dei sindacati.

Nell’immediato, comunque, sarebbe più utile intervenire sul cuneo fiscale e rendere permanente una struttura di riduzione della tassazione sulle fasce di reddito medio-basse in modo da poter aumentare il loro reddito annuo. In luce di ciò infatti, nella nuova legge di bilancio vengono stanziati 8 miliardi per il 2022, a riduzione dell’IRPEF e dell’IRAP. I primi sette miliardi vanno alla prima tassazione, i restanti alla seconda.

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