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L’(IM)MOBILITA’ SOCIALE ITALIANA

Tra i tanti (tristi) primati italiani, spesso viene menzionata la bassa mobilità sociale, che in effetti rimane a livelli sostanzialmente inferiori rispetto molti altri paesi avanzati. Tuttavia vedremo che la questione è più complessa (e per certi versi meno pessimistica) di come viene dipinta. Il concetto di mobilità sociale è rilevante in quanto rappresenta concretamente la possibilità individuale di crescere e realizzarsi a prescindere dalle condizioni di partenza in una data società; non è pertanto un concetto astratto, ma ha delle implicazioni pratiche notevoli in un sistema sociale ed economico. Un’elevata mobilità sociale è il segno di una società non gessificata ma dinamica e meritocratica, un contesto in cui un individuo percepisce che i propri sforzi, le proprie capacità e talento hanno una rilevanza concreta nel migliorare la propria posizione rispetto ai fattori che derivano dalla sua estrazione sociale. Mobilità sociale e crescita economica sono inoltre strettamente connesse: una maggiore mobilità non è solo auspicabile in termini di maggiore equità ma anche di efficienza, perché implica un’allocazione migliore delle risorse umane.

Veniamo alla situazione italiana. Il Global Social Mobility Index, un indice costruito dal World Economic Forum, considera cinque principali dimensioni per determinare il livello di mobilità sociale: salute, istruzione, tecnologia, lavoro, istituzioni. Su 82 paesi, l’Italia si colloca al 34esimo posto, mentre i primi posti sono occupati da Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia; la Germania è l’economia più mobile tra i paesi del G7, seguita dalla Francia. Da notare come i punteggi più bassi per l’Italia riguardano le categorie formazione continua, protezione sociale e istruzione, mentre ben 90 punti sono assegnati alla sanità.

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Alti livelli di istruzione, mercati del lavoro flessibili e sistemi di welfare efficienti sono i principali fattori che caratterizzano le economie dei paesi del Nord Europa ai primi posti per mobilità sociale. Il funzionamento dell’ascensore sociale in una società è determinato da diversi elementi, tra cui in particolare il peso dell’origine sociale e il ruolo del sistema educativo giocano un ruolo chiave. In letteratura vi è ampio consenso che il background sociale e le prospettive socio-economiche della famiglia di origine influenzino sostanzialmente il tenore di vita, il percorso di studio ma anche le prospettive di carriera di un individuo. Dall’altra parte, l’istruzione è generalmente considerato il principale motore della mobilità sociale. I condizionamenti legati al background sociale e familiare, in altri termini, vengono mitigati drasticamente con il completamento degli studi e l’inserimento nel mercato del lavoro. Ma è vero anche il contrario, ovvero la trasmissione inter-generazionale delle diseguaglianze è determinato in gran parte dalla possibilità o meno di studiare.

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Come si può vedere nel grafico in Italia la percentuale di individui che ha un livello di istruzione uguale a quello dei genitori è superiore al 60%, un valore decisamente maggiore rispetto alla media OCSE. Ancora, secondo i dati OECD, il 41% dei lavoratori sceglie di fare lo stesso tipo di lavoro dei genitori, in particolare lavori manuali non particolarmente redditizi. Un fenomeno gravissimo segnalato dai vari report e che vale la pena ricordare riguarda il numero di giovani NEET (giovani che non studiando e non lavorano) che in Italia -prima assoluto in UE- è pari al 20% della popolazione giovanile nel 2020. In generale in Italia potremmo identificare la seguente dinamica: il sistema produttivo italiano è fermo ad un equilibrio di basso livello, in cui ad un’offerta di lavoro che spesso non corrisponde alle competenze richieste da parte delle imprese, o è sovraqualificata/sottoqualificata, risponde una domanda di lavoro da parte di queste ultime orientata in gran parte verso qualifiche poco specializzate o comunque non coerenti con quanto appreso durante il percorso formativo; proprio la struttura imprenditoriale italiana, caratterizzata largamente da piccole e medie imprese è associata, tra le altre cose, a una capacità minore di valorizzare il capitale umano. Inoltre, come sottolineato dal rapporto del WEF, troppo poche sono le imprese che investono in formazione continua dei lavoratori.

Un’elevata mobilità sociale, non dovrebbe stupire, appare correlata positivamente ad un buon livello di attività economica. La logica è chiara: la qualità del tessuto economico si traduce in un mercato del lavoro dinamico che genera opportunità ed alloca in modo efficiente le risorse umane, dando valore al capitale umano .La crescita è il motore della mobilità sociale assoluta, ovvero il grado in cui gli individui stanno meglio rispetto ai propri genitori, ed è vero anche viceversa, ovvero, se il destino di un individuo è “inevitabilmente” determinato dal proprio background sociale e familiare, significa che le sue capacità saranno uno spreco per l’economia nel suo complesso. Negli ultimi decenni in quasi tutti i paesi dell’area OCSE la mobilità assoluta è aumentata, ovvero gran parte della popolazione ha visto migliorare il proprio status di reddito, occupazione, educazione ecc. rispetto ai genitori, e lo stesso è successo in Italia. Più che alla mobilità assoluta, per capire la situazione italiana è possibile guardare alla mobilità relativa. Secondo uno studio del National Bureau of Economic Research condotto dai ricercatori Acciari, Polo & Violante (2017), in Italia: “mentre la mobilità intergenerazionale di reddito è abbastanza pronunciata–sia verso l’alto sia verso il basso–per i figli di genitori appartenenti alla classe media,le opportunità economiche diventano più diseguali agli estremi. Per ogni cento figli nati da genitori che siano nella porzione più alta della distribuzione del reddito, ossia sopra i 50 mila euro annui, «almeno 35 manterranno da adulti la posizione dei genitori», mentre se si prendono 100 figli di genitori nella fascia più bassa di reddito, sotto i 15 mila euro, solo 10 di loro riusciranno ad arrivare tra chi guadagna oltre 50 mila euro”.

Secondo i ricercatori inoltre i livelli di mobilità sociale non sono uniformi in tutto il Paese; le differenze locali sono da ricondurre largamente al dinamismo del mercato del lavoro e alla qualità del sistema educativo. I grafici sopra riportati mostrano come la relazione tra valore aggiunto pro capite e mobilità sociale è evidente in Italia e ricalca più o meno nettamente il divario economico Nord-Sud. L’immagine che ne emerge è inoltre un paese non del tutto ingessato, bensì diviso in aree dove appaiono più alte le opportunità e quindi le chances di mobilità sociale, e altre aree in cui le condizioni sociali tendono a rimanere stabili nel corso del tempo. Per questo motivo anche l’immagine dell’Italia come un Paese totalmente bloccato non è del tutto corretta: a livello locale alcune provincie del Centro e del Nord -in particolare Milano, Bolzano, Trento, Bergamo- hanno dei livelli di mobilità ascendente doppi o tripli o quadrupli rispetto alle provincie del Sud Italia (come Palermo, Avellino, Catania, Messina).

Potrebbe essere un'immagine raffigurante mappa e il seguente testo "495 524 475 438 451 438 25 [.355,.414 188] 78 092 Figure A6: Heat map of Absolute Upward Mobility and Q1Q5 based on PPP-adjusted income (with province-level price indexes). Dark areas are more mobile. Left-panel (a): AUM. Right- panel (b): Q1Q5"

Per concludere, la situazione della mobilità sociale in Italia ben riflette alcune delle gravi contraddizioni interne al sistema economico e sociale del paese, così come un generale immobilismo di gran parte del tessuto economico quanto meno negli ultimi decenni. Un paese che perpetua le condizioni acquisite, incapace di creare opportunità per tutti, dove le rendite di posizione contano spesso più delle competenze. La “buona notizia” è che anche se i dati mostrano ciò che mostrano, non vanno interpretati in modo deterministico; come ampiamente dimostrato dall’esperienza di altri paesi, la mobilità sociale è un fenomeno variabile, su cui si può intervenire innanzitutto attraverso un sistema educativo di qualità.

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Altre fonti qui:

https://www.lavoce.info/archives/34540/geografia-della-mobilita-sociale-in-italia/?fbclid=IwAR3YU-gaMi1YKFKpqdrdFwKqNzUL6M9sbTEmCt1_azkZBL0Qxd5O1q9iCnU

https://www.nber.org/system/files/working_papers/w25732/w25732.pdf?fbclid=IwAR2Dk1XYwXQXk9b_1B2JYDzCaeCE-OivedsowgMLKKCILfO4SmWiNBtit1w

https://read.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/broken-elevator-how-to-promote-social-mobility_9789264301085-en?fbclid=IwAR0-rj1or1A-xSJ4T9LPTmrboxqokj-73xXZ5Wr0yJ5QNkprttuE2aKqatE#page1

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