Finanza, Scienze economiche

Indici di mercato: cosa sono e come si classificano?

I mercati finanziari sono complessi e possono sembrare addirittura incomprensibili. FTSE MIB, DAX 30, S&P500 e NIKKEI 225 sono solo alcuni degli indici di mercato dei quali ogni giorno, in televisione e sui giornali, osserviamo variazione e comparazione. Ma cosa sono questi indici e, soprattutto, a cosa servono?

È importante comprendere cosa sia un indice, il suo possibile impiego e le peculiarità che lo contraddistinguono per non incorrere in errori banali e, purtroppo, frequenti anche tra gli esperti.

In primo luogo, occorre dare una definizione di indice. Esso non è altro che un paniere di strumenti finanziari rappresentativi di un intero mercato (indici generali) o di un sottomercato (indici parziali). Lo scopo finale è quindi quello di replicare e rappresentare il mercato o una sua parte. Come evidente dal nome, gli indici generali includono la totalità dei titoli negoziati su un dato mercato di riferimento: tale caratteristica risulta in una maggiore rappresentatività (del mercato) da parte dell’indice, ma comporta una minore replicabilità (data la numerosità di strumenti). Dato questo ultimo fattore, gli indici parziali sono più diffusi ed impiegati operativamente, in quanto costruiti impiegando tecniche che ne garantiscono sia la replicabilità che la rappresentatività.  

L’index provider, ossia il soggetto creatore dell’indice che si sta analizzando, attua un processo di selezione degli strumenti. Durante l’iter di costruzione esso si può avvalere di metodologie differenti, ad esempio per le azioni i criteri più frequenti sono quelli del free float o valore monetario del flottante e della liquidità, mentre per le obbligazioni è il controvalore d’emissione. L’importante è che le metodologie impiegate siano trasparenti, oggettive e note ex-ante, in modo che chiunque possa individuare i criteri e i mercati di riferimento, consultando la documentazione fornita e resa pubblica dal provider stesso. Rappresentatività del mercato di riferimento e tecniche di selezione sono due criteri che permettono di classificare i diversi indici.

Tuttavia, oltre a questa classificazione, è possibile farne di ulteriori. Infatti, gli indici possono essere suddivisi sulla base dei termini di ponderazione, del trattamento dei flussi finanziari periodici, della valuta di riferimento e dalla frequenza di revisione. Analizziamoli uno per volta.

La classificazione in base al termine di ponderazione si riferisce al peso che ciascun strumento deve avere all’interno dell’indice. Esistono indici equally weighted, in cui ciascun titolo ha egual peso, indici price weighted in cui la ponderazione avviene in base al prezzo unitario dei singoli strumenti, ed infine gli indici value weighted nei quali la ponderazione avviene, per le azioni, in base al valore delle società, mentre per le obbligazioni il peso è sempre proporzionale all’ammontare in circolazione di ogni titolo obbligazionario presente nel paniere, calcolato a valori di mercato. Questi metodi di ponderazione, nel corso della storia, sono stati adottati dai più importanti index providers, tuttavia i price weighted stano diventando sempre più rari, perché risultano inefficienti e insensati, in quanto si basano su un metodo che non garantisce la rappresentatività.

Soffermandosi sugli indici azionari, è importante sottolineare come nel tempo il criterio di valutazione di una società sia cambiato: in un primo momento il valore era rappresentato dalla capitalizzazione di mercato, (cap weighted) data dal prodotto tra il numero di azioni di una società ed il prezzo unitario, mentre oggi si utilizza il valore monetario del flottante (float weighted), dato dal prodotto tra numero di azioni liberamente scambiabili ed il prezzo unitario.

Basandosi sul trattamento dei flussi finanziari gli indici possono di due tipologie: indici di prezzo (price return) ed indici di performance (total return). Gli indici di prezzo dipendono unicamente dal prezzo dei titoli sottostanti, senza considerare i dividendi ed i flussi periodici, mentre gli indici di performance comprendono il contributo dei dividendi al rendimento complessivo secondo modalità determinate dall’index provider. Inoltre, gli indici total return si suddividono a loro volta in gross TR e net TR a seconda del fatto che impieghino i dividenti al lordo o al netto della fiscalità.

Il trattamento dei flussi finanziari è la componente che spesso induce in errore molti giornalisti e non addetti ai lavori in quanto essi incappano nell’errore di confrontare indici che non sono, per loro natura, confrontabili direttamente senza le dovute precisazioni. Ad esempio, se volessimo confrontare l’andamento dell’economia italiana con quello dell’economia tedesca, basandoci unicamente sui due principali indici nazionali FTSE MIB per l’Italia e DAX 30 per la Germania, commetteremmo un errore non trascurabile. Infatti, DAX 30 è total return, quindi è presente il contributo dei dividendi mentre FTSE MIB è price return, ossia il suo andamento non considera i dividendi ed il loro accumulo. Questo contributo, soprattutto nel lungo periodo, comporta inevitabilmente un andamento differente. Se si analizzasse FTSE MIB price return e total return, l’indice price avrebbe inevitabilmente un andamento che giace al di sotto di quello total. Questo sarebbe ulteriormente evidente il giorno di stacco dei dividendi, in quanto gli indici price return avranno un calo fisiologico dei prezzi, dettato dal fatto che essi includevano nel prezzo stesso il valore degli utili spettanti ad ogni singola azione. È quindi cruciale, prima di effettuare ogni analisi, soffermarsi e pensare se i termini di confronto siano, per loro natura, confrontabili.

In relazione alla definizione della valuta di riferimento, è possibile esprimere i prezzi in valuta locale e in altra valuta, e a seconda del fatto che l’indice copra o meno il rischio di cambio si delineano indici hedged o unhedged.

Infine, per revisione di un indice si intende il periodico processo di inclusione ed esclusione di nuovi e vecchi titoli, a seconda che le loro caratteristiche li abbiano resi adatti o meno a rientrare nel paniere stesso. In genere per i titoli azionari la revisione avviene trimestralmente dagli index providers, mentre avviene mensilmente per gli indici obbligazionari.

Adesso siamo in grado di comprendere cosa sia un indice, di individuare il mercato di riferimento e riconoscere le peculiarità tecniche ed inoltre siamo riusciti indirettamente a definire le caratteristiche di un buon indice, ossia: l’oggettività e la trasparenza dei criteri, la replicabilità e la rappresentatività del mercato target.

In un prossimo articolo tratteremo il largo impiego degli indici nei mercati finanziari, in particolar modo ci soffermeremo sugli ETF, analizzando alcuni metodi di replica per comprendere a fondo il funzionamento dei mercati finanziari stessi.

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