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Inflazione: l’importanza delle aspettative

Uno dei grandi temi che è ritornato di tendenza ultimamente (e che abbiamo trattato anche in un nostro video) è il ritorno dell’inflazione. L’inflazione, ultimamente, sembra essere stata infatti un po’ come la moglie del tenente Colombo: tanti ne parlano, nessuno l’ha mai vista. Eppure è un fenomeno che, sebbene sembra essere sopito da anni, potrebbe ritornare con una certa probabilità se non nel breve, almeno nel medio-lungo termine. Nel post di oggi vediamo cosa sia l’inflazione, se essa può tornare e il ruolo che le aspettative hanno nella sua determinazione. Definiamo intanto il fenomeno di cui stiamo parlando. Definiamo “inflazione” un

“Aumento progressivo del livello medio generale dei prezzi, o anche diminuzione progressiva del potere di acquisto (cioè del valore) della moneta”.

Sebbene sia un fenomeno di facile definizione, molto più difficile è la determinazione delle sue cause. La scuola neoclassica e quella monetarista, coerentemente con l’analisi di Fisher (l’ideatore della famosa equazione degli scambi MV = PQ) sostengono che la spiegazione principale è l’eccesso di circolazione monetaria. Ciò che avviene è che i soggetti hanno una capacità di spesa in eccesso rispetto all’offerta di beni e servizi. Se tutti i prezzi aumentano (o diminuiscono) contemporaneamente, allora il cambiamento deve essere intervenuto necessariamente nella sfera monetaria. Soltanto un aumento dell’offerta di moneta (o una diminuzione della domanda di moneta) possono determinare un aumento del livello generale dei prezzi. Se invece alcuni prezzi aumentano e altri diminuiscono la causa non è monetaria, ma reale, cioè uno spostamento di domanda da un settore a un altro. In effetti, sostengono correttamente gli autori classici, in un’economia di baratto non può esistere l’inflazione, cioè la crescita di tutti i prezzi, perché se si riduce il valore di scambio di un bene, necessariamente aumenta il valore di scambio dell’altro bene con cui avviene il baratto; il che confermerebbe che l’inflazione sia un fenomeno esclusivamente monetario.

Al contrario, gli economisti keynesiani (Keynes 1940, Kalecki 1941, Lerner 1951, Kaldor 1959, Weintraub 1959) sostengono che l’inflazione sia derivata da costi, da salari, da profitti, settoriale, importata, fiscale, inerziale. Alla base di tale teoria sta la constatazione che, in un’economia contraddistinta da concorrenza imperfetta, le imprese fissano i prezzi secondo un meccanismo di mark-up sui costi diretti, in particolare sul costo del lavoro. Come ci illustra la Treccani infatti,

“secondo la teoria keynesiana la domanda può aumentare anche se non aumenta la quantità di moneta in circolazione, per effetto dell’aumento della velocità di circolazione della moneta (cioè del numero di volte che la moneta passa di mano in mano). Per descrivere la differenza fra il livello della domanda e quello dell’offerta, Keynes propose nel 1940 l’espressione inflationary gap («divario inflazionistico»): se la domanda è superiore all’offerta, questo gap innesca un processo di inflazione”.

In questo senso, l’esperienza degli anni Sessanta e Settanta è – per così dire – scolastica, essendo – secondo la scuola keynesiana – un esempio di inflazione non determinata da un aumento di domanda: in effetti negli anni Sessanta vennero concessi dei forti aumenti salariali e nel decennio successivo ci fu uno shock petrolifero che determinò una forte inflazione.

Un fattore importante, però, nella formazione dell’inflazione sono – però – le aspettative. Come infatti ci illustra l’economista premio Nobel John Muth una variabile molto importante nella formazione e nel movimento dei prezzi sono le aspettative che – secondo Muth – sono “razionali”, il che significa che le persone utilizzano tutte le informazioni a loro per quanto limitate. Pertanto utilizzeranno, nel loro processo decisionale, non soltanto le informazioni relative agli eventi passati, come nelle aspettative estrapolative e adattive, ma anche il modello che descrive la struttura del sistema economico. In particolare, i soggetti conoscono le distribuzioni di probabilità di tutti gli eventi futuri, per cui eventuali errori sono casuali. Le aspettative razionali, così formulate, costituiscono una variabile endogena al modello, in quanto coincidono con le soluzioni del modello stesso costruito sulla base della teoria economica rilevante (a differenza di quanto avviene nei modelli keynesiani, costruiti sulla base di aspettative esogene, cioè determinate al di fuori dei modelli). Come declinare tutto questo nelle aspettative di inflazione? Vediamolo con un breve esempio matematico. Riprendiamo l’espressione dell’equazione degli scambi di Fisher:

MtV = PtYtR

dove il termine a sinistra sta ad indicare la spesa totale nel sistema economico definita come il totale dell’offerta di moneta moltiplicata per la sua velocità di circolazione. Da questa equazione, come accade per l’equazione degli scambi, ricaviamo che il livello generale dei prezzi si ottiene dividendo l’offerta di moneta moltiplicata per la sua velocità di circolazione per le quantità prodotte, ossia:

Pt = (V/ YtR)Mt

Un’ulteriore – seconda – equazione ci dice inoltre che l’offerta di moneta è direttamente proporzionale al livello di attività economica ‘YR‘, con un termine di errore che va a catturare uno shock inaspettato della politica monetaria.

La terza equazione, invece, rappresenta l’offerta à la Lucas, la quale illustra che la produzione effettiva supererà il livello normale di produzione quando il livello dei prezzi effettivo supera il livello dei prezzi previsto, forse a causa di uno shock imprevisto per l’economia o il sistema monetario:

Y= Y*t + β(P– E[Pt])

La quarta, ed ultima, equazione del modello ci dice inoltre il modo con cui si formano le aspettative, coerentemente con l’ipotesi di aspettative razionali:

E[Pt] = E[Pt |It-1]

Cosa accade, secondo il modello delle aspettative razionali se si verifica un aumento inatteso dell’offerta di moneta? Dato un aumento imprevisto dell’offerta di moneta definita tramite il termine shock positivo (εt> 0), la curva di domanda aggregata si sposterà verso l’alto come illustrato nei modelli keynesiani. Questo aumento della domanda eserciterà una pressione al rialzo sul livello generale dei prezzi e lo spostamento della domanda porterà a un movimento verso l’alto lungo la curva di offerta aggregata. Con l’aumento dei prezzi, il potere d’acquisto diminuisce; fatto – questo – che viene interpretato dai diversi agenti economici come aumento del prezzo relativo per il loro prodotto o servizio. Questi agenti rispondono aumentando il loro livello di produzione. Col passare del tempo, questi agenti economici scoprono che l’aumento dei prezzi ha rappresentato un aumento del livello dei prezzi assoluto piuttosto che un aumento dei prezzi relativi. Adeguano le loro aspettative di prezzo di conseguenza, che si concretizza in uno spostamento verso sinistra dell’offerta aggregata: in questo modo la produzione diminuisce, i prezzi aumentano e il potere d’acquisto viene ulteriormente ridotto.

Detto ciò, come stanno le aspettative di inflazione? Secondo la BCE nel primo trimestre del 2021, le aspettative di inflazione per quest’anno si attestano allo 0,9%, mentre per il prossimo anno si attestano già all’1,3%. Sicuramente, le previsioni attuali sono da prendere con le pinze, considerando la mutevolezza del quadro di riferimento della nostra analisi. Finora sono state due le forze che hanno tenuto a bada l’inflazione dei prezzi al consumo: da un lato la mancanza di un “canale di sfogo” della liquidità dal settore finanziario a quello reale; canale di sfogo che come già evidenziato anche in un video di LiberiOltre e da altri (tra i quali il Financial Times,) potrebbe essere rappresentato in Europa (e parzialmente negli USA) dalla politica fiscale. Tendenza, questa, che sembrerebbe riflettersi nei rendimenti delle obbligazioni decennali del Tesoro USA, che ultimamente hanno visto un’impennata nei loro rendimenti . E sebbene non possiamo dire che ci troveremo a breve in periodi di inflazione altissima, forse l’inflazione sarà a breve uno spettro che – da moglie del tenente Colombo del decennio passato – potrà ridiventare una protagonista delle nostre vite ed un sassolino nelle scarpe della gestione politica monetaria.

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