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Inflazione: ritorno al futuro?

La notizia di questa settimana è che la FED, banca centrale americana, ha alzato i tassi per rispondere alla crescente inflazione. La BCE, nonostante abbia mantenuto i tassi ai livelli di settembre 2018, ha in programma una progressiva riduzione degli acquisti; per tenere a bada le aspettative di inflazione. Ma come si comporterà l’inflazione nei prossimi periodi? Perché è importante che le autorità monetarie intervengano con politiche restrittive? La risposta sta nelle aspettative, come vedremo in questo articolo.

Inflazione: l’importanza delle aspettative

Una delle grandi lezioni dell’economia moderna, perlomeno da Muth in poi, è che le aspettative sul futuro sono importantissime per capire come si evolverà un fenomeno. Per capire come mai dobbiamo ricorrere alla cosiddetta “Parabola delle isole” di Phelps. In un’economia reale i soggetti, dispersi in luoghi  separati ricevono,  in  istanti  temporalmente diversi,  informazioni  limitate  e  locali.  Poiché  le informazioni sono trasmesse dai prezzi, il sistema  dei  prezzi  è  imperfetto;  non esiste un sistema completo di prezzi  (e  di  mercati)  come  postulato  dallo schema Arrow-Debreu; i soggetti  non  possono  conoscere né tutti i prezzi correnti né tutti i prezzi futuri. Da cui si fa derivare l’importanza delle aspettative degli operatori sul livello dei prezzi futuro (formate sulla base di un dato processo decisionale); che costituiscono una variabile quantitativamente esatta ed endogena al modello.

Supponiamo, ad esempio, che vi sia uno shock positivo dell’offerta di moneta, canalizzato nel sistema economico dal settore bancario. Dal momento che i datori di lavoro hanno maggiore liquidità a disposizione, offrono ai lavoratori salari più elevati. I lavoratori, tuttavia, visto che prevedono che  i  prezzi aumenteranno nella stessa misura, e dunque il salario in termini  reali  rimarrà immutato, non aumentano l’offerta di lavoro. Il tasso di disoccupazione rimane allo stesso livello di prima (e cioè al tasso  naturale),  e  così  la produzione. L’unico effetto è, quindi, un aumento dell’inflazione; che può essere contenuto solo al costo di una (più o meno profonda) recessione.

Il modello alla prova dei fatti

Anche se si tratta di un modello piuttosto semplice e con ipotesi molto restrittive; il nocciolo della questione rimane sempre quello: le aspettative contano e saperle gestire è una delle grandi abilità del mestiere di banchiere centrale. Più sono “ancorate” e meno tendono a cambiare; più, quindi, sono di facile gestione.

Questo forte ruolo del (dis)ancoramento delle aspettative viene dimostrato anche dai fatti e dalle analisi in materia; tra le quali oggi vi presentiamo quella di un grandissimo studioso di economia monetaria: Ricardo Reis.

Reis, infatti, nel suo studio esamina le aspettative dei consumatori, dei previsori professionisti e dei mercati per l’inflazione negli Stati Uniti durante la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70; così come quella durante i primi anni ’80 (quando l’inflazione si è stabilizzata), e durante la pandemia COVID-19.

Con riferimento agli USA utilizza diversi indicatori, tra cui un precursore trimestrale di breve durata dei sondaggi del Michigan e il mercato dei futures dell’oro a Zurigo, in Svizzera. Da questo, fa notare come con una maggiore attenzione al fenomeno delle aspettative, policymakers della Fed avrebbero potuto considerare di agire con più forza per smorzare l’inflazione quando questa era agli inizi. La Fed non ha messo sotto controllo l’inflazione e le aspettative fino a quando, sotto il presidente Paul Volcker, non ha intrapreso una politica monetaria altamente restrittiva tra il 1979 e il 1983.

Da quegli anni in poi l’inflazione ha mantenuto dei livelli stabili e bassi; fino ad arrivare ad oggi, periodo in cui sembra essere tornata fra noi.

Agire, prima che sia troppo tardi

Le aspettative di inflazione si stanno disancorando? Stiamo tornando agli anni Settanta? Forse è ancora troppo presto per dirlo. Citando Reis stesso, tentare di rispondere a queste domande è come

sedersi su una spiaggia cercando di capire, prima che sia troppo tardi, se una barca sta andando alla deriva

, paragonando le aspettative di inflazione ad un’ “immagine sgranata dell’ancora”. Quello che è certo è che, come scrivevamo in un nostro articolo, per mantenere sotto controllo l’inflazione è necessaria credibilità e regole certe; una strada che la FED, con il recente aumento dei tassi, sembra intenzionata a (ritornare) a percorrere. La Banca Centrale Europea, complice la ripresa meno solida, sembra essere più attendista; ma non per questo meno vulnerabile ai rischi che un disancoramento delle aspettative e la relativa spirale inflattiva comportano. Ieri, come oggi, occorre limitare la discrezionalità, offrire un quadro di regole certe e chiare e limitare così gli effetti negativi che l’inflazione ha sulle famiglie, sulle imprese e sul sistema economico nel suo complesso. Sono questi i passi che teoria economica e dati ci indicano se non vogliamo essere partecipi di un non troppo felice “ritorno al futuro” inflazionistico.

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