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Investimenti alternativi in Italia: come siamo messi?

Negli ultimi anni, anche nel nostro Paese, si è sviluppato il settore degli investimenti alternativi. Un report di Deloitte Italia, realizzato assieme alla divisione lussemburghese della società di consulenza e alla JEME Bocconi Studenti, analizza le tendenze di questo mercato; rappresentato in Italia da “Euronext Growth Milan”.

Prima di mostrare l’analisi in parola, bisogna dare una definizione di investimenti alternativi. In generale, possiamo considerare “alternativi” tutti quegli investimenti che coinvolgono strumenti diversi da azioni, obbligazioni e strumenti del mercato monetario.

Investimenti alternativi in Italia: considerazioni preliminari

L’analisi di Deloitte prende in considerazione tre asset class alternative, corrispondenti a tre segmenti dell’Euronext Growth Milan:

Prima di parlare di ciascuna tipologia, è bene fare alcune considerazioni preliminari. In primo luogo bisogna fare considerazioni sul contesto economico di riferimento, caratterizzato da una ripresa nel tasso di crescita del PIL almeno fino al 2023; anche se – come sostiene il report – sarà molto difficile per il nostro Paese tornare ai livelli di attività economica pre-pandemia in tempi ragionevolmente brevi.

Figura 1: Stime del tasso di crescita del PIL secondo diversi scenari

Un secondo problema per la nostra economia, sempre secondo il report, sarà la crescita dei non performing loans (NPL); problema, questo, di cui avevamo parlato anche in un nostro articolo e che viene evidenziato nel grafico seguente:

Figura 2: Crediti deteriorati (scala di sinistra) e tasso di default (scala di destra)

Nonostante questo, come riporta lo stesso comunicato, dal 2010 gli “Asset under Management” appartenenti alla categoria degli investimenti alternativi ha raggiunto i 9,64 trilioni di Euro, crescendo ad un tasso superiore al tasso di crescita del PIL, come mostrato da questo grafico:

Figura 3: Investimenti alternativi globali vs crescita del PIL

Ciò potrebbe essere dovuto, secondo la società di consulenza, ai bassi tassi di interesse (i quali spingono gli investitori a cercare delle asset class che restituiscano dei ritorni superiori alla media); così come la maggiore incertezza legata alla pandemia.

Il private equity

La prima asset class di analizzata è il private equity. In questo settore, Deloitte evidenzia come ci sia stata una crescita consistente nel corso degli ultimi 10 anni, essendo il numero degli operatori presenti cresciuto del 121%; con 155 operatori totali a fine 2020 (di cui poco più della metà stranieri). Tuttavia, se confrontato con lo stesso settore di altri Paesi europei, il private equity in Italia è ancora un settore poco sviluppato. Questo a causa di diversi fattori, come la dimensione media d’impresa molto bassa e un modello di business poco incline al ricorso al mercato dei capitali.

Figura 4: Performance del mercato del private equity. Italia ed altri paesi europei a confronto

Inoltre, come vediamo da questo grafico, i settori in cui sono concentrati gli investimenti nel segmento private equity sono sia innovativi (al primo posto troviamo infatti il settore ICT) sia più tradizionali; a conferma della capacità delle imprese italiane di diversificarsi .

Figura 5: investimenti per settore nel segmento private equity

Per i prossimi anni, anche alla luce delle prospettive di sviluppo post-pandemico, è possibile individuare alcune qualità che rendono attrattivo il mercato private equity italiano: la dimensione dell’economia italiana nel suo complesso (siamo la terza economia europea in grandezza, nonché il secondo paese per settore manifatturiero in Europa); così come la maggior dinamicità che si potrebbe avere a seguito della piena implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il private debt

Per quanto riguarda il segmento del private debt, allo stesso modo, si possono individuare delle tendenze simili. Prima della crisi dovuta al COVID, il mercato italiano cresceva ad un ritmo abbastanza sostenuto (tra il 2016 ed il 2019 il tasso di crescita composto è stato del 31%); raggiungendo un valore di 1,31 miliardi di euro nel 2019. In questi anni, specialmente nel 2017, questo segmento di mercato si è fortemente internazionalizzato.

Riguardo i recenti sviluppi, soprattutto riguardo la situazione economica dovuta alla pandemia, lo scenario sembra rimasto sostanzialmente stabile. Nonostante il COVID e le sue conseguenze economiche, infatti, le operazioni nel mercato del private debt italiano sono cresciute del 62% su base annuale; nonostante – questo va detto – una decrescita del volume degli investimenti totali del 9%. Inoltre, nonostante i rischi di insolvenza siano aumentati del 10% nel corso del 2020, i rimborsi dei prestiti sono aumentati del 24% su base annua.

Il COVID, in generale, sembra aver iniziato una nuova tendenza nel finanziamento dei fabbisogni delle imprese italiane; le quali, avendo bisogno di liquidità e di ristrutturarsi, trovano nel segmento del private debt un buon canale di finanziamento. Tuttavia, la relativa “giovinezza” di questo segmento di mercato solleva problemi in merito alle capacità di fundraising degli operatori e all’esperienza dei gestori; cosa che limita l’attrattività del private debt italiano.

Il Real Estate

L’ultima asset class presa in considerazione è il real estate. Per quanto riguarda i trend pre-pandemici, il report di Deloitte evidenzia come gli investimenti nel settore in oggetto (con speciale attenzione per quanto riguarda gli immobili ad uso non residenziale) sono cresciuti considerevolmente; anche e soprattutto grazie agli investimenti esteri. Per dare un’idea del fenomeno, nel 2019 il volume di investimenti in questo segmento di mercato era di circa 12,3 miliardi, una crescita su base annua del 40%. Le principali località in cui tale mercato si è sviluppato sono state, prevedibilmente, Milano e Roma; le quali rappresentano da sole rispettivamente il 37% ed il 15% del volume totale di investimenti.

Figura 6: Ripartizione degli investimenti real estate per sotto-settore
Figura 7: Valore del mercato immobiliare per zona geografica

Questa tendenza si è mantenuta anche nel corso del 2020, anno in cui il settore immobiliare è stato duramente colpito dalla pandemia. Infatti, sempre con riguardo a Roma e Milano, il rendimento del segmento di mercato associato a queste due località è stato rispettivamente del 4,6% e del 4,8%. Questo a causa di due fattori: una maggiore domanda di immobili da affittare e, allo stesso tempo, una minore offerta di immobili disponibili per gli affitti; a causa dell’utilizzo di questi ultimi a scopi commerciali (specie con riguardo al turismo).

Ciò ha fatto aumentare i prezzi degli affitti e, di conseguenza, il ritorno che si può ottenere dagli stessi (come mostrato dal grafico) qui sotto:

Figura 8: Andamento dei prezzi delle case (2018-2022)

Questo rende attrattivo il mercato per gli investitori, anche internazionali; offrendo delle possibilità di ulteriori sviluppi nei prossimi anni.

Tirando le somme…

Il mercato degli investimenti alternativi in Italia ha conosciuto, negli ultimi anni, un certo sviluppo in termini sia qualitativi che quantitativi; uno sviluppo che il COVID 19 ha rallentato ma non (per ora) arrestato. Tuttavia, se confrontato con altri Paesi, rimane un mercato ancora di piccole dimensioni, poco sviluppato ed utilizzato dalle imprese per attingere a nuove fonti di finanziamento. Saperlo sviluppare per garantire un accesso alle risorse più agevole per le imprese (così come renderlo più dinamico) rappresenta la sfida che nei prossimi anni il policymaker e gli altri player del mercato hanno davanti per aumentarne le potenzialità.

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