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LA “CURVA” PERICOLOSA

Ultimamente negli USA si è tornato a parlare di rendimenti, inflazione e politica monetaria sulla scia tanto della ripresa economica che potrebbe scaturire dalla campagna vaccinale dell’amministrazione corrente quanto dalle imponenti misure messe in campo sia dalla politica fiscale sia da quella monetaria per superare la crisi dovuta al COVID-19. In effetti, sebbene i rendimenti del bond decennale del governo USA non siano così alti in termini assoluti – ad oggi, infatti, si attestano intorno all’1,6% – a mettere in allerta gli investitori è la rapida salita dei rendimenti di questo strumento (che possiamo equiparare ad un nostro BTP con durata decennale), che si riflette sulla curva dei rendimenti (yield curve) relativamente agli USA e sulle aspettative di inflazione negli USA. Cosa è una yield curve? Quali le conoscenze e la spendibilità pratica derivante dalla lettura di questa curva? Questo è ciò di cui parleremo in questo articolo.

Cominciamo innanzitutto a definire la curva dei rendimenti, come quel luogo dei punti che lega il rendimento di un titolo obbligazionario alla sua scadenza (maturity). La curva viene costruita mettendo a confronto le scadenze di strumenti che sono omogenei per emittente e liquidità, in modo tale da poter rendere possibile il confronto e quindi rendere tale strumento euristicamente spendibile. La curva può assumere diverse forme, ma la curva dei rendimenti tipica è positivamente inclinata (in quanto mostra una relazione positiva tra rendimento e scadenza) e con dei tassi di crescita dei rendimenti che sono decrescenti rispetto all’aumento della scadenza: vuol dire che la curva assume una forma simile a quella in foto:

Un fattore molto importante che influenza la curva dei rendimenti sono le aspettative degli investitori circa l’andamento futuro dei tassi. Infatti, se gli investitori al tempo “t” si aspettano un aumento dei tassi al tempo “t+1” essi si asterranno dal comprare un dato titolo, il che fa scendere il prezzo e quindi – stante la relazione inversa che sussiste tra prezzo e rendimento – aumentare il tasso di interesse. Il contrario avviene in caso di aspettative di ribasso dei tassi: in questo caso la curva dei rendimenti si “inverte” ed assume – invece che la forma di una funzione radicale di odine due – quella di un ramo di iperbole ad inclinazione negativa, ad indicare proprio il ribasso dei tassi.

La curva dei rendimenti è uno strumento, inoltre, che mostra delle capacità predittive per quanto riguarda le crisi economiche. In questo senso, sono molto interessanti i lavori di A.Estrella (condotti sia assieme a F.S. Mishkin sia a G.A. HARDOUVELIS che ci mostrano come la curva dei rendimenti è un buon indicatore di quello che sarà l’andamento dell’attività economica nel corso del tempo; e sebbene la letteratura in merito raggiunga conclusioni diverse su quale segmento della curva dei rendimenti ha il maggiore potere predittivo , c’è molto meno dibattito sull’utilità generale della curva dei rendimenti come indicatore di future recessioni negli Stati Uniti.

Una altro fattore molto interessante, inoltre, che merita di essere analizzato quando si parla di curva dei rendimenti è il ruolo della conduzione della politica monetaria da parte delle autorità competenti. In effetti, come questo studio condotto dalla Federal Reserve di Boston mostra,

“C’è molto meno consenso, tuttavia, sul ruolo che la politica monetaria gioca nel potere predittivo della curva dei rendimenti. Wright (2006), ad esempio, rileva che il termine spread, come misura sintetica della curva dei rendimenti, deve il suo potere predittivo di recessioni future, almeno in parte, all’orientamento della politica monetaria. Bauer e Mertens (2018) sostengono il contrario: la capacità della curva dei rendimenti di prevedere le recessioni ha poco a che fare con l’orientamento della politica monetaria. Questi e altri studi, tuttavia, non misurano l’orientamento della politica monetaria nei confronti di un tasso dei fondi federali neutro variabile nel tempo (tasso neutro), il tasso che, in assenza di shock, manterrà l’economia in equilibrio7. L’ipotesi implicita di un tasso di interesse neutro costante è in contrasto con l’evidenza di Laubach e Williams (2003 e successivi aggiornamenti), che mostra che le stime del tasso di interesse reale a breve termine neutro (o naturale), sebbene imprecise, tendono a mostrare variazioni significative col tempo. Inoltre, Fuhrer et al. (2018) documentano che anche l’obiettivo di inflazione implicito del Federal Open Market Committee, che influenza le stime del tasso neutro, è stato variabile nel tempo fino al 1996, quando il FOMC ha adottato implicitamente un obiettivo del 2%; il comitato ha adottato esplicitamente l’obiettivo del 2% nel 2012”.

Lo studio conclude che il potere predittivo di una curva dei rendimenti invertita per le recessioni future deriva in parte dall’attuale orientamento della politica monetaria dopo aver considerato la variazione temporale del valore neutro del tasso sui fondi federali. In effetti, nel periodo campione (1966-2019) dal 1987 in poi, la maggior parte dei il potere predittivo sembra provenire dall’orientamento della politica monetaria. Come prosegue lo studio, in effetti,

“Una questione in sospeso, tuttavia, è la misura in cui le informazioni dello spread tra le diverse scadenze – in particolare quando tale spread diventa negativo (un’inversione della curva dei rendimenti) – per prevedere recessioni future sia un riflesso di una politica monetaria restrittiva. La domanda è rilevante perché le inversioni della curva dei rendimenti tendono a verificarsi quando la politica monetaria è restrittiva, cioè quando i tassi di interesse a breve termine sono alti rispetto al tasso neutro. Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere una risposta più robusta alla domanda del potere predittivo del termine spread dato l’adattamento della politica monetaria quando il tasso dei fondi federali è misurato rispetto a una stima variabile nel tempo del suo valore di equilibrio (neutro). In effetti, l’obiettivo di inflazione del FOMC è cambiato nel tempo e le prove disponibili indicano anche cambiamenti evidenti nella parte reale del tasso neutro. Di conseguenza, la considerazione esplicita di un Federal Fund neutro variabile nel tempo dovrebbe fornire una valutazione più accurata dell’orientamento della politica monetaria. In tal modo, diventa più chiaro che una parte non irrilevante del contenuto informativo dello spread tra le diverse scadenze per prevedere recessioni future è guidato dall’orientamento della politica monetaria”

 Tuttavia, anche dopo aver preso in considerazione gli aggiustamenti della politica monetaria, la curva dei rendimenti rimane un indicatore rilevante per valutare la probabilità di una futura recessione economica. Una curva dei rendimenti come quella USA attuale, come quella in foto, indicherebbe quindi che si avranno delle forti aspettative di ripresa economica (conclusione coerente anche con l’andamento di alte variabili, come l’andamento delle aspettative di inflazione.

Una “curva pericolosa” quella dei rendimenti, che può aiutare i “piloti” delle autorità monetarie nella conduzione di una politica più appropriata in relazione all’andamento delle attività economiche senza rischiare che la “macchina” sfugga per aver corso troppo nell’inseguire di un’inflazione che – forse – negli Stati Uniti non tarderà ad arrivare.

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