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La finanza personale e l’home bias

È importante dare nella nostra vita il giusto spazio all’investimento: che sia leggere un libro per cultura personale, oppure seguire un corso di programmazione per cercare di ottenere una promozione sul luogo di lavoro, fino ad arrivare alla parte più pragmatica di tutte, di cui l’investimento ne è parte integrante, ossia la finanza. La finanza personale è una di quelle discipline che spesso viene trascurata dal nostro sistema scolastico, ma della quale dovremmo conoscere il più possibile. Con questo termine intendiamo la gestione di tutte le attività finanziarie che riguardano un individuo o un nucleo famigliare. 

Si tratta di una materia fondamentale che, se padroneggiata, permette alle persone di valutare le proprie entrate ed uscite, risparmiare, investire, programmare il futuro e, se possibile, individuare aree di miglioramento. 

Cerchiamo ormai da molte settimane di darvi consigli su come gestire al meglio le vostre risorse, evitando quelli che sono i principali tranelli che, fin troppo spesso, la nostra mente ci tende. Questo era ed è l’obiettivo della rubrica sulla finanza comportamentale: informare e diffondere consapevolezza. 

Home bias 

Tra tutti i bias che influenzano e distorcono la nostra capacità di prendere decisioni ne esiste uno veramente particolare che mina quella che è la diversificazione del nostro portafoglio. Questo bias è conosciuto con il nome di home bias effect. In poche parole, rappresenta l’inclinazione di un investitore a prediligere, per il proprio portafoglio, le azioni nazionali, trascurando quelle estere e minando così il principio della diversificazione. Investendo in un unico paese ci esponiamo, infatti, alle stesse fonti di rischio o comunque a fonti di rischio comuni ai singoli titoli. 

Ad esempio, comprando solamente aziende italiane l’andamento del nostro portafoglio sarà particolarmente correlato a quello che è l’andamento economico nel suo complesso. Anche in finanza meglio non pensare, come recita il noto slogan politico, “prima gli italiani” – se proprio vogliamo, potremmo dire “prima diversificare”.

Variabili come quelle politiche, giuridiche e macroeconomiche assumono quindi un peso rilevante nel determinare il rendimento del nostro portafoglio esponendolo a variazioni più consistenti. Inoltre, se l’Italia fosse colpita da una crisi probabilmente vedremmo crollare il valore del nostro portafoglio, il quale non potrà contare su rendimenti esteri per attutire il colpo. Ma perché esiste questo pregiudizio? I costi di transazione, l’inaccessibilità e la scarsa familiarità con azioni e mercati esteri erano alibi abbastanza comune nel passato. Tuttavia, nel 2021 investire in azioni di tutto il mondo è diventato più facile con l’avvento di internet e di strumenti finanziari come gli ETF ed i FCI. 

Quindi per essere sicuri di aver diversificato il rischio basta comprare titoli di diverse nazioni? No, o almeno non solo. Bisogna considerare che il nostro portafoglio non sia esposto alle medesime fonti di rischio, per evitare concentrazioni e dipendenze internazionali. Questo è quello che successe nella crisi del 2008, dove problematiche comuni nei sistemi bancari creò un effetto contagio tra società e banche di diversi continenti. Sicuramente non esiste una motivazione razionale per escludere a priori tutto l’universo investibile estero, quindi conviene accantonare ogni pregiudizio e cercare di trarre vantaggio da ciò che un mercato integrato e globalizzato ci offre. Grandi possibilità che, però, spesso ignoriamo.

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