Giurisprudenza, Opinioni

La nuova giustizia tributaria: buone intenzioni e vecchi “vizi”

Nella giornata di martedì 8 agosto, con 288 voti favorevoli, la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge (di seguito ddl) presentato congiuntamente dal Ministro dell’Economia, Daniele Franco, e della Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, avente ad oggetto la riforma della giustizia tributaria (https://www.gnewsonline.it/giustizia-tributaria-approvata-in-via-definitiva-la-riforma/).

Il provvedimento si compone di otto articoli e interviene principalmente sul decreto legislativo n. 545 del 1992, modificando, tra l’altro, la denominazione delle attuali commissioni tributarie provinciali e regionali in “corti di giustizia tributaria di primo grado e “corti di giustizia tributaria di secondo grado”.

Come da comunicato congiunto del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia del 9 agosto, la riforma prevede in estrema sintesi:

  • la ridenominazione degli organi di giustizia tributaria in Corti tributarie di primo e di secondo grado, con l’introduzione di un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria con 576 giudici tributari reclutati tramite concorso per esami;
  • sul piano processuale, si prevede che le controversie di modico valore siano devolute ad un giudice monocratico e si rafforza la conciliazione giudiziale;
  • viene inoltre potenziato il giudizio di legittimità con la creazione in Cassazione di una sezione civile deputata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie;
  • infine, per ridurre l’enorme arretrato presente in Cassazione, si è prevista la possibilità di ricorrere alla c.d. definizione agevolata (per i non addetti ai lavori, praticamente un condono fiscale, anche se estremamente limitato, come si vedrà meglio in seguito) per le controversie fino a 100.000 euro.

Esaminiamo ora più nello specifico la “storia” della riforma ed i suoi dettagli, per cercare di comprenderne i pregi e le criticità.

La genesi delle riforma

Tale intervento, auspicato ed atteso da anni da molti operatori del settore, era stato inserito dal Governo dimissionario tra gli obiettivi del Piano Nazione di ripresa e Resilienza (di seguito PNRR).

La necessità di una riforma della giustizia tributaria era chiaramente evidenziata a pag. 63 del PNRR, dove si riconosceva che “il contenzioso tributario, settore cruciale per l’impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici, anche nella prospettiva degli investimenti esteri risente fortemente delle criticità legate ai tempi della amministrazione della giustizia.”

(Da qui è possibile scaricare il PNRR: https://italiadomani.gov.it/it/home.html)

Il Piano, poi, evidenziava le seguenti problematiche.

Sul piano quantitativo, si sottolineava la necessità di smaltire l’imponente arretrato accumulato nel corso degli anni ed in particolare quello in seno alla sezione specializzata della Corte di Cassazione (un po’ di numeri: a fine 2020, su circa 120.000 ricorsi pendenti innanzi alla Corte, ben 50.000 riguardavano la materia tributaria!).

Sul piano qualitativo, si evidenziava come le decisioni della Corte di Cassazione comportassero molto spesso l’annullamento di quanto deciso in appello dalle commissioni tributarie regionali.

Sul piano temporale, infine, si lamentava la necessità di ridurre i tempi del contenzioso ed in particolare in tempi di giacenza dei ricorsi in Cassazione (che, in alcuni casi, sfiorano i 10 anni, che devono aggiungersi alla durata dei due precedenti gradi di giudizio).

L’iter parlamentare

Il ddl era stato presentato dal Governo il 1 giugno 2022 ed annunciato nella seduta del Senato n. 439 del 14 giugno 2022.

Dopo l’esame in commissione, il ddl è stato approvato dal Senato il 4 agosto 2022 e trasmesso, il giorno successivo, alla Camera dei Deputati che, dopo la discussione generale e l’esame, lo ha definitivamente approvato il 9 agosto 2022.

Le novità introdotte dalla riforma sono finalizzate al superamento delle criticità precedentemente evidenziate.

La “nuova” giustizia tributaria e la selezione dei magistrati

In primo luogo, viene riformato integralmente il sistema giustizia tributaria, andando a delineare una magistratura “parallela” a quella ordinaria, autonoma e professionale, composta da 576 giudici tributari reclutati tramite un concorso analogo a quello previsto per l’ingresso nella magistratura ordinaria.

La riforma, infatti, prevede che i nuovi magistrati tributari siano selezionati attraverso un rigoroso concorso per esami, composto da una prova scritta (consistente nello svolgimento di due elaborati teorici, sul diritto tributario e sul diritto civile-commerciale, e in una prova teorico-pratica di diritto processuale tributario) ed una orale (avente ad oggetto le seguenti materie: diritto tributario e diritto processuale tributario; diritto civile e diritto processuale civile; diritto penale; diritto costituzionale e diritto amministrativo; diritto commerciale e fallimentare; diritto dell’Unione europea; diritto internazionale pubblico e privato; contabilità aziendale e bilancio; elementi di informatica giuridica). L’accesso al concorso è riservato ai laureati in giurisprudenza ed economia.

Viene quindi superato il sistema previgente, in cui la nomina a giudice tributario avveniva tramite un concorso per soli titoli (e quindi senza una effettiva valutazione delle competenze del candidato), riservato ad una platea particolarmente eterogenea di soggetti (magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio o in pensione; avvocati e procuratori dello Stato; dipendenti della P.A. con qualifiche per le quali è necessaria una laurea in giurisprudenza o economia; ufficiali della guardia di finanza se non più in servizio; iscritti negli albi di ragionieri e periti commerciali con almeno 10 anni di esperienza; docenti in materie giuridiche, economiche o in ragioneria; ingegneri, architetti, geometri, periti edili, industriali, e agrari, iscritti all’albo che abbiano esercitato per 10 anni le loro professioni; notai).

Nelle intenzioni del Governo, tale modifica dovrebbe garantire una migliore selezione (effettuata sulla base delle competenze effettivamente possedute) dei magistrati tributari, che, a sua volta, dovrebbe comportare un miglioramento della qualità delle decisioni assunte nella risoluzione delle controversie tributarie.

La riduzione del contenzioso

In secondo luogo, al fine di abbattere drasticamente l’enorme arretrato accumulato negli anni (presente principalmente, come già detto, in seno alla Corte di Cassazione) e di velocizzare i tempi processuali, sono state previste diverse misure.

Le prime riguardano principalmente le Corti di primo grado: si prevede, infatti, che le controversie di modico valore (fino ad euro 3.000) siano devolute ad un giudice monocratico.

Inoltre si rafforza la conciliazione giudiziale (che, volendo semplificare, è un istituto che consente di risolvere più rapidamente la controversia, incentivando le parti a trovare un accordo tra di loro o davanti al giudice) e viene definitivamente superato il divieto di prova testimoniale.

Viene poi espressamente introdotta, davanti alle Corti di primo e secondo grado, la possibilità di partecipare alle udienze da remoto (“mediante collegamento audiovisivo tale da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e di udire quanto viene detto. Il luogo dove avviene il collegamento da remoto è equiparato all’aula di udienza”).

Le seconde, invece, riguardano specificatamente la Corte di Cassazione:

  • da un lato, viene istituita per legge “una sezione civile incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia tributaria”, attribuendo al Primo Presidente della Corte il potere di adottare tutti i provvedimenti necessari “per stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di cassazione in materia tributaria, favorendo l’acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati” assegnati alla sezione tributaria (art. 3 del ddl);
  • dall’altro lato, si prevede, all’art. 5, per le controversie pendenti al 15 luglio 2022 con un valore non superiore ad euro 100.000, la possibilità di ricorrere alla c.d. “definizione agevolata”, che consiste nella possibilità per il contribuente, vittorioso in primo e secondo grado, di estinguere il giudizio davanti alla Corte pagando una somma pari ad una percentuale (del 5 o del 20 %, a seconda dei casi) del valore della controversia.

Pregi e criticità della riforma: nuove prospettive e vecchi “vizi”

La riforma della giustizia tributaria, sin qui esaminata (sia pure sinteticamente), è a giudizio di chi scrive un intervento complessivamente positivo per le seguenti ragioni.

In primo luogo, la “professionalizzazione” dei giudici tributari selezionati attraverso una procedura rigorosa (il concorso per esami) sicuramente garantirà, in futuro, un miglioramento della qualità delle decisioni assunte dalle Corti tributarie.

In secondo luogo, appaiono convincenti gli interventi che riguardano le Corti “di merito”: in particolare, oltre al potenziamento dello strumento conciliativo, la devoluzione delle controversie di modico valore ad un singolo giudice (la cui preparazione, competenza e professionalità dovrebbe essere garantita dalle modalità di selezione sopra esposte) consente sicuramente di rendere più agevole e rapida la definizione di cause tendenzialmente poco complesse dal punto di vista economico e/o giuridico.

In terzo luogo, costituisce sicuramente un notevole passo avanti (anche se forse in ritardo di una decina di anni; “meglio tardi che mai”) la possibilità di partecipare alle udienze da remoto.

Lo strumento telematico, inaugurato e testato con la Pandemia, si è infatti dimostrato più che idoneo ad agevolare l’iter processuale, “svecchiando” le procedure e rendendo più rapida ed efficiente l’attività degli operatori del sistema giustizia (magistrati, difensori e funzionari giudiziari), senza tuttavia porsi in contrasto con gli inderogabili principi costituzionali ed europei in materia (ed in particolare i diritti alla difesa, al contraddittorio tra le parti ed al giusto processo).

Per quanto riguarda le criticità della riforma, si osserva quanto segue.

Non si comprende la necessità di istituire per legge una sezione specializzata all’interno della Corte di Cassazione: essa, infatti, già esiste ed opera da diversi anni sulla base di una mera ripartizione tabellare dei ricorsi (per i non addetti, si tratta di una sorta di ripartizione interna delle “materie”: una sezione si occupa di diritto tributario, un’altra di diritto contrattuale, un’altra ancora di diritto di famiglia e così via). Si tratta di un intervento di cui non si comprende la ragione, non comportando modifiche dal punto di vista sostanziale.

Mi si consentano, in conclusione e per amor di verità, due parole sulla c.d. definizione agevolata.

Personalmente, non sono mai stato un sostenitore dei condoni fiscali, qualunque fosse la loro forma, in quanto avallano quella esecrabile e parassitaria cultura secondo la quale a pagare le tasse siano solo i cretini (l’odiosa logica del “io le tasse non le pago, tanto prima o poi faranno un condono”).

Ciò premesso, il “condono” previsto dalla riforma si distanzia fortemente da quelli a cui la politica (la “p” minuscola non è una svista) degli ultimi decenni ci ha abituati: l’agevolazione, infatti, può essere richiesta SOLO dal contribuente vittorioso nei precedenti gradi di giudizio. Non si tratta, quindi, di una agevolazione a cui può ricorrere chiunque abbia un ricorso pendente in Cassazione, ma è riservata a quei soggetti che, difendendosi nel merito nei due gradi precedenti, abbiano convinto un giudice (o meglio, due collegi giudicanti, quello di primo e quello di secondo grado) dell’infondatezza della pretesa tributaria.

Detto in maniera ancora più semplice (anche se imprecisa dal punto di vista tecnico), si tratta di quella percentuale ridotta di casi in cui, verosimilmente, l’Agenzia delle Entrate, soccombente in due gradi di giudizio, si “accanisce” (a volte a ragione, altre volte a torto) nei confronti del contribuente ricorrendo in Cassazione.

Riforma positiva, da vedere l’applicazione

Al di là di questi aspetti da ultimo evidenziati, la riforma della giustizia tributaria si presenta sicuramente in maniera positiva agli occhi di chi scrive.

Come tutte le riforme di sistema, però, per poterne saggiare la reale efficacia, occorreranno diversi anni, necessari da un lato affinché essa entri “a regime” e dall’altro perché possa produrre i primi effetti.

D’altra parte, per citare Osho, “Solo il tempo ti darà le risposte che stai cercando, e te le darà quando avrai dimenticato le domande.”

+ posts