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L’alba dei morti viventi

L’alba dei morti viventi

La recente crisi da coronavirus ha messo in luce un fenomeno che, per molto tempo, sembrava sopito e che – in realtà – era ben presente nelle varie economie mondiale: il fenomeno delle “aziende zombie”. Cosa sono le aziende zombie? Come impattano sulla crescita della produttività? Occorre preoccuparsi? Sono questi i temi che tratteremo nel post di oggi. Cominciamo con il dare la definizione di “zombie firm”, che secondo il Sole24Ore sono definibili come quelle

“imprese con oltre dieci anni di età e che da tre anni o più non riescono nemmeno a ripagare gli interessi sul debito”.

Tecnicamente, quindi, le imprese “zombie” dovrebbero essere fallite e – nonostante questo – sono ancora in attività. I motivi per cui ciò accade sono i più disparati: potrebbe accadere – da un lato – che vi sia lo Stato a “salvare” delle aziende in difficoltà oppure potrebbe accadere che le istituzioni creditizie ad esse legate possono trovare più conveniente continuare a finanziare queste aziende, dal momento che in caso contrario dovrebbero iscrivere la relativa perdita in bilancio con ovvie conseguenze in merito alla loro stabilità economica e finanziaria. Il problema è – tuttavia – molto rilevante, dal momento che il fenomeno in parola risulta essere molto dannoso per il sistema economico nel suo complesso. Il motivo è che in un ambiente di mercato dinamico, in cui la distruzione creativa permette di selezionare gli operatori, i fattori della produzione si dirigono verso gli impieghi che corrispondono una maggiore remunerazione dal momento che sono produttivi: anche se un’azienda fallisce, questa esce sicuramente dal mercato, ma le risorse vengono liberate e possono essere reimpiegate in altre attività a ritorno positivo che aumentano il benessere di tutti. In sintesi, quando un’azienda fallisce non viene distrutto capitale (macchinari, materie prime) né, meno che mai, vengono perse le skills ed il capitale umano; semplicemente viene reso disponibile per progetti alternativi a ritorno maggiore. Le sovvenzioni alle imprese, al contrario, minano questo processo di adattamento: esse mantengono in vita delle aziende improduttive e di conseguenza dirottano i fattori della produzione verso gli impieghi necessari a queste aziende e dunque distorcono il sistema produttivo e ostacolano la mobilità dei fattori dalle attività meno produttive (ossia quelle che sono oggetto di sovvenzione) verso quelle realmente più produttive e dunque deprimono la produttività e danneggiano notevolmente la capacità del sistema di mercato di soddisfare le esigenze dei consumatori. Queste conclusioni sembrano confermate dai dati, largamente disponibili dal momento che si tratta di un tema molto attenzionato dagli esperti mondiali.

In uno studio OCSE del 2018 si conclude che non solo si hanno degli effetti depressivi sulla produttività delle imprese sane, ma che le aziende zombie hanno anche la capacità di “spiazzare” quelle sane costruendo delle barriere all’entrate contro le stesse. In merito al tema, altri due studi OCSE ci dicono che “Le politiche che stimolano una ristrutturazione aziendale più efficiente possono rilanciare la crescita della produttività prendendo di mira tre fonti interconnesse di debolezza della produttività del lavoro: la sopravvivenza delle imprese “zombie” (imprese a bassa produttività che in genere uscirebbero in un mercato competitivo), l’errata allocazione del capitale e lo stallo della diffusione tecnologica. I nuovi indicatori dell’OCSE dimostrano che vi sono molti margini per migliorare la concezione dei regimi di insolvenza al fine di ridurre gli ostacoli alla ristrutturazione delle imprese deboli e i costi personali associati al fallimento imprenditoriale. La riforma del regime di insolvenza non solo può affrontare le suddette fonti di debolezza della produttività, ma anche aumentare gli impatti sulla produttività derivanti dalla riduzione delle barriere all’ingresso nei mercati dei prodotti. Poiché il problema dell’impresa zombie può derivare in parte dalla tolleranza delle banche, le riforme complementari ai regimi di insolvenza sono essenziali per garantire l’efficacia di una politica più aggressiva per risolvere “i crediti deteriorati”.

Inoltre, in un recente studio della Commissione Europea sul tema si conclude che: “Le aziende zombi stanno spiazzando la crescita di quelle sane. Per valutare la potenziale interazione tra queste ultime e le aziende zombie, è stata costruita una misura per osservare il fenomeno in base al calcolo della quota di capitale investito per paese e settore. È stato trovato che la quota di aziende zombie colpisce la quota di aziende sane. Le imprese zombi creano quindi una “congestione” del sistema economico. Concentrandosi sulle giovani imprese sane, troviamo che sono più fortemente colpite dalla “congestione zombi” rispetto a quanto non lo siano le imprese sane più “anziane”. Questi risultati suggeriscono che la maggiore l’incidenza delle aziende zombie tende a ostacolare la crescita delle imprese giovani e potenzialmente mina la rapida crescita delle imprese. Per quanto riguarda il futuro delle aziende zombie, troviamo che gli zombi più piccoli e più giovani hanno maggiori possibilità di tornare “in vita” e riportare utili operativi positivi rispetto a aziende più grandi.

Un’ “alba dei morti viventi”, insomma, che per salvaguardare la produttività da un lato e la capacità del sistema di premiare le idee che funzionano tramite la distruzione creatrice dall’altro, deve essere fermata nel modo quanto più rapido possibile, ma non per questo senza tenere in considerazione i possibili costi nel farlo.

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