Energia e Green Economy

Le “Comunità energetiche” e il loro ruolo nella transizione energetica.

Cosa sono le comunità energetiche e quale può essere il  loro ruolo nella rete elettrica nel processo di transizione energetica? Vediamolo insieme partendo da alcuni dati sul cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico è una delle questioni più urgenti del nostro tempo. Le attività umane hanno già causato circa 1,1 °C di riscaldamento globale per arrivare oltre 1,5 °C di riscaldamento globale maggiore dei livelli pre-industriali.

Con gli accordi di Parigi, i governi si sono impegnati a limitare l’aumento della temperatura in questo secolo ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e a proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 °C. Mantenere questi limiti richiederà che le emissioni globali nette di CO 2 diminuiscano drasticamente entro il 2030 e raggiungano lo zero netto intorno al 2050. Qualsiasi ritardo spingerà avanti la scadenza dello zero netto, poiché le emissioni cumulative devono rimanere entro un determinato budget di carbonio. Le emissioni di altri gas serra (GHG) devono affrontare tagli simili.

Ci vuole più innovazione e resilienza

L’Innovazione e la resilienza dovranno essere al servizio della transizione ecologica. A dare una mano ci sono le comunità energetiche che potranno dare una mano al Paese nel processo di decarbonizzazione. Secondo il Politecnico di Milano, entro 5 anni saranno circa 40 mila, coinvolgendo oltre un milione di famiglie e diecimila piccole e medie imprese.  

L’interesse crescente nei loro confronti trova conferma nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; infatti, tra le misure troviamo anche alcune specifiche per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo, stanziando oltre 2 miliardi di euro.

Tale budget servirà ad installare circa 2.000 MW di energia che, ipotizzando una produzione annua di 1.250 kWh\Kw, andrebbe a produrre circa 2.500 GWh\anno. Una potenza in grado di evitare l’emissione di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

Che cosa sono le comunità energetiche?

Sono entità “prosumer”, cioè produttori e consumatori al tempo stesso.

In particolare le CER (Comunità Energetiche rinnovabili) possono comprendere persone fisiche, come pure PMI e di enti territoriali, comprese le amministrazioni comunal; ma anche enti di ricerca e formazione, religiosi, del terzo settore e protezione ambientale .

Tali soggetti collaborano con l’obiettivo di produrre e consumare l’energia attraverso uno o più impianti locali da fonti rinnovabili all’interno di un’area circoscritta. La loro partecipazione, aperta, ha come obiettivo l’autoconsumo, che non è diretto al profitto, ma al beneficio a livello economico, sociale e, soprattutto ambientale della zona in cui operano.

Altra particolarità è data dalla modalità di condivisione dell’energia all’interno della stessa comunità, che, da un lato, avviene utilizzando la rete pubblica, ma dall’altro consente di valorizzare e quantificare l’autoconsumo, garantendo allo stesso tempo a ogni soggetto di modificare le proprie scelte, in modo trasparente e flessibile.

Le comunità energetiche in Italia

In Italia le prime esperienze di Comunità Energetiche Rinnovabili risalgono ai primi anni 2000: si trattava di piccole realtà localizzate soprattutto nel Nord Italia. Attualmente ne esistono circa venti, e sono distribuite tra Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Trentino, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Abruzzo, Basilicata, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Si tratta essenzialmente di progetti sperimentali, che intendono individuare le best-practice sul tema.  Tali community, imperniate per lo più su impianti di generazione fotovoltaici di taglia compresa tra i 20 e i 50 kWp, si caratterizzano per l’elevata flessibilità in termini di soggetti coinvolti e di configurazione. 

All’interno del panorama europeo, tuttavia, l’Italia mostra numeri di molto inferiori a quelli di Paesi leader come la Germania (1.750), ma anche di Stati che non eccellono da un punto di vista energetico, come la Spagna (33), la Polonia (34) e il Belgio (34). 

La tecnologia delle comunità energetiche

Lo sviluppo delle CER è possibile grazie dall’innovazione comprendendo le tecnologie a disposizione per la generazione di energia rinnovabile, per il suo accumulo e il monitoraggio dei consumi. 

Le tecniche sono varie, dai sistemi di accumulo elettro-chimico tramite le batterie, a quello idroelettrico tramite centrali di pompaggio; nascono dalla necessità di massimizzare lo sfruttamento dell’energia dispacciata. Questo perché le risorse rinnovabili usate per la produzione sono per la loro stessa natura (come nel fotovoltaico) fonti “non programmabili”, cioè non possono essere previste con certezza in anticipo. Di conseguenza gli impianti di produzione devono dotarsi di tali dispositivi per la gestione e lo stoccaggio. E qui si spiega anche il motivo per cui bisogna differenziare la produzione di rete elettrica nazionale inserendo anche il nucleare e l’idrogeno.

L’efficienza energetica dei più moderni accumulatori è circa pari al 95%, mentre il ciclo di vita può arrivare a superare le 10.000 cariche. Non solo accumulo. L’innovazione va anche nella direzione del monitoraggio, grazie ai dispositivi di smart metering, e di scambio dati con la rete.

La rete e le CER nella transizione energetica

Con l’avvento dei prosumer e delle comunità energetiche è evidente come si stia passando da un modello energetico non più lineare, ma bidirezionale e circolare; non più centralizzato e basato sulle fonti fossili, ma decentralizzato, che punta sulle rinnovabili e sulle loro potenzialità.

Ad abilitare questo shift è sicuramente la tecnologia con le sue soluzioni smart che rendono possibile la digitalizzazione della rete e la sua “flessibilità”.

La rete del fuituro è quindi resiliente e dinamica, capace di cambiare così come cambiano le condizioni, e le esigenze dei clienti; poiché se muta lo scenario, l’infrastruttura deve essere pronta ad anticipare quello che avviene per gestire le criticità.

E in particolare concentrarsi sulla sfida centrale del nostro decennio: la transizione energetica. 

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