Attualità, Economia, Scienze economiche

Mobilità cittadina: liberalizzare si può (con intelligenza)

La concorrenza in Italia, si sa, è un tema molto dibattuto. Dalle spiagge fino alla mobilità cittadina (in particolare i taxi), inserire degli elementi di competizione nei mercati italiani è una questione sempre più pressante; non solo per gli effetti economici ma anche per le modalità di implementazione.

Con l’articolo di oggi vediamo, con riferimento ai taxi, perché, e soprattutto come, liberalizzare il mercato della mobilità cittadina (senza troppe conseguenze su chi già possiede una licenza).

Mobilità cittadina: perché liberalizzare

Innanzitutto è istruttivo dire perché è utile liberalizzare il settore dei taxi. Il motivo, sostanzialmente, risiede nella natura oligopolistica che ha contribuito a creare il sistema delle licenze; sistema – questo – che ha l’effetto di restringere la concorrenza all’interno di un settore e che, quindi, tende a creare prezzi più alti all’interno del settore stesso.

Tale esito è ben visibile in questo grafico, in cui si confronta l’esito concorrenziale con quello “oligopolistico” del settore sottoposto a licenza:

Figura 1: gli effetti delle licenze

Dal grafico si vedono gli effetti della restrizione dell’offerta causata dalle licenze: si hanno prezzi più alti e quantità più basse rispetto all’esito concorrenziale.

Gli esempi in materia sono molti. A New York il comune fissa un tetto di circa 13000 licenze per i taxi. Nel 2007 il prezzo di una licenza per chi era intenzionato ad acquistarla da chi ne dispone si aggirava sui 189 mila dollari. In Italia le licenze sono solo 23.000 circa, 7705 a Roma, 2,9 taxi ogni 1000 abitanti (dati 2017) ed il costo è di 1,5 euro/chilometro.

Le restrizioni per i servizi alternativi ai taxi, come Uber e in generale i Ncc (noleggi con conducente), sono ampie: obbligo di rientro in deposito dopo ogni corsa, patente KB, autorizzazione del comune per l’autista, iscrizione al ruolo, vincolo a operare solo nella provincia in cui si trova il comune che ha rilasciato l’autorizzazione.

Mobilità cittadina: come liberalizzare

Liberalizzare il settore, insomma, è vitale per avere un servizio di migliore qualità ed a prezzi più bassi. Ma come? Vediamolo insieme.

Uno dei problemi (anzi il problema) che si pone quando si tenta di liberalizzare il settore della mobilità cittadina è la questione delle licenze. Esercitare la professione di tassista, infatti, richiede il possesso di una (costosa) licenza che spesso incide in modo consistente sulla tariffa applicata dal tassista stesso (che la usa per ammortizzare il costo della licenza). Liberalizzare il settore vorrebbe dire togliere al tassista insider (quello già presente sul mercato) la possibilità di poter fare ciò (annullando il valore delle licenze), con evidenti danni economici.

Una soluzione interessante è quella proposta in questo articolo apparso su “La Voce”. Questa soluzione prevede di utilizzare la fiscalità generale per “ricomperare” le licenze dei tassisti; oppure imporre una tassa temporanea sui nuovi entranti, i quali andrebbero a “compensare” a livello pro-capite gli insider per la riduzione della licenza.

Un approccio rigoroso alla questione, come detto anche nell’articolo sopracitato, richiede dei dati che sono difficili da reperire. Tuttavia, è istruttivo riprendere l’esempio portato dall’articolo per capire i possibili effetti del provvedimento:

La tassa è di 0,43 euro al chilometro e verrebbe completamente riflessa nel prezzo che sarebbe pari a 0,78+0,43=1,21. Il corrispondente numero di taxi per abitanti sarebbe 4,9: ancora lontani dai livelli di Stoccolma, ma quasi il doppio di quello attuale. 

Alcune osservazioni sulla proposta

Ovviamente, la proposta non è esente da critiche o possibili margini di miglioramento. Ad esempio, si potrebbe osservare che la licenza – al pari di un brevetto – è un capital asset; per cui il valore della stessa diminuisce nel tempo. Nei commenti allo stesso articolo citato sopra, allora, si è proposto di indennizzare il tassista del valore della licenza tenendo conto di questo fatto; proponendo un’indennizzo inversamente proporzionale all’utilizzo della licenza stessa. Questo terrebbe conto del “fattore tempo”, così come del fatto che gli insider più anziani hanno già avuto modo di ammortizzare il costo iniziale della licenza. In questo modo l’indennizzo da pagare (e quindi la tassa) sarebbe più basso, con minori effetti distorsivi sul mercato.

Una liberalizzazione, insomma, che procederebbe “per passi”, che avrebbe il consenso di tutti (insider inclusi) e che, in prospettiva, migliorerebbe prezzi e qualità per il cliente finale e creando occupazione nel settore. Una liberalizzazione intelligente, che non solo si può ma si deve perseguire per migliorare la competitività interna dei mercati nazionali.

+ posts