Site icon EconomiaItalia

Politica monetaria: buone pratiche in periodi inflazionistici.

La tortuosa strada per uscire dalla pandemia sta creando sfide per la politica monetaria. Dopo anni di deflazione e politiche orientate ad affrontare i rischi di inflazione bassa, ci troviamo ora in un contesto inflazionistico di maggiore volatilità. 

In questo contesto, le banche centrali devono chiarire la strategia di politica monetaria, in modo che le aspettative del mercato rimangano allineate con le loro analisi di lungo periodo. Questo, a sua volta, richiede un quadro chiaro per pensare agli sviluppi dell’inflazione e a quali condizioni sarebbe necessaria una risposta di politica monetaria.

Siamo di fronte a una combinazione unica di shock che riflettono la natura eccezionale della ripresa dalla pandemia; abbiamo strozzature nell’offerta, aumento dei prezzi dell’energia e attriti sul mercato del lavoro. Non si può dire esattamente quando questi fattori si normalizzeranno. Ma per progettare la nostra azione politica, dobbiamo valutare le loro implicazioni per l’inflazione a medio termine. L’attenzione deve essere rivolta al rischio che l’inflazione nel medio termine risulti inferiore o superiore all’obiettivo del 2%, piuttosto che sugli sviluppi di breve periodo.

Stiamo assistendo a un mix di shock di domanda/offerta e nell’area dell’euro i vincoli di offerta dominano in misura maggiore rispetto ad altre grandi economie. Fintanto che l’aumento dell’inflazione di breve periodo non alimenterà le aspettative sulla ripresa dei salari e dei prezzi , la politica monetaria dovrebbe rimanere cauta. 

E’ importante rimanere concentrati sulla ripresa del PIL al periodo pre-crisi, come condizione per raggiungere un’inflazione obiettivo del 2%. Ma questo lo potremo sapere solo se l’inflazione rientrerà nel canale simmetrico del 2%

Inflazione di fondo nell’area euro.
Fonte: BCE

L’inflazione cattiva

In EU stiamo avendo però un inflazione “cattiva”, che si verifica quando gli shock negativi dell’offerta aumentano i prezzi e deprimono l’attività economica. Questo risultato si vede a seguito di un forte aumento dei prezzi dell’energia, che equivale a una “tassa” sui poveri e comprime il reddito reale. Tale inflazione in genere diminuisce una volta che lo shock dell’offerta viene riassorbito.

Una banca centrale di solito mira ad essere paziente e guardare attraverso l’inflazione “cattiva”. Un inasprimento prematuro della politica monetaria potrebbe trasformare lo shock dell’offerta in una recessione prolungata, deprimendo la domanda e minando la stabilità dei prezzi. Questa è una delle ragioni principali dell’orizzonte flessibile a medio termine della strategia di politica monetaria della BCE.

Con l’80% dell’inflazione complessiva sugli shock generati all’estero, l’area dell’euro è un importatore netto di energia e materie prime. Perciò, l’inflazione complessiva supera l’inflazione generata internamente. L’aumento dei prezzi all’importazione sta comprimendo il reddito disponibile reale delle famiglie e aumentando i costi di produzione delle imprese.  

Questi shock sono visibili, inoltre, nei tempi di consegna dei fornitori, che a loro volta riducono la disponibilità e aumentano il prezzo dei beni durevoli. Quantitativamente, gli indicatori suggeriscono che nell’area dell’euro (circa due terzi) dell’aumento dei tempi di consegna dei fornitori è dovuto a fattori di offerta.

Il consumo di servizi rimane ben al di sotto del livello pre-crisi; e il consumo di beni durevoli non mostra nulla di simile al boom in corso negli Stati Uniti. Ciò potrebbe spiegare perché, nonostante la natura globale della contrazione di offerta, l’inflazione core su base biennale è molto più bassa che negli Stati Uniti.

Quindi, applicando la funzione di reazione all’inflazione “cattiva”, la politica monetaria dovrebbe rimanere paziente. Una stretta prematura frenerebbe la spesa prima che la domanda sia tornata a crescere.

A mio avviso, frenando la ripresa della nostra domanda interna, la si mette a rischio con ricadute ingiustificate sulle condizioni di finanziamento estero.

FONTE EUROSTAT
FONTE EUROSTAT

Valutare l’equilibrio dei rischi a medio termine

Non dovremmo ignorare i rischi di un inflazione a medio termine, poiché le forze che muovono l’inflazione oggi potrebbero rivelarsi più persistenti del previsto. Se ciò dovesse accadere, esacerberebbe i rischi in entrambe le direzioni.

Quindi, come possiamo valutare l’equilibrio a medio termine dei rischi dal punto di vista di oggi?

In genere, un aumento sostenuto dei salari richiede che l’economia operi persistentemente al di sopra del potenziale. Questo non è attualmente il caso dell’area dell’euro. Le stime dell’output gap (differenza tra PIL reale e PIL potenziale) suggeriscono che ci vorrà del tempo prima che sia convincentemente positivo (grafico sotto).

Fonte: BCE ottobre 2021

Anche se il mercato del lavoro si sta riprendendo, c’è ancora un rallentamento: abbiamo mezzo milione di posti di lavoro in meno rispetto a prima della pandemia, circa 2,4 milioni di lavoratori sono ancora sotto sussidi di disoccupazione   e le ore lavorate sono diminuite di circa il 4% rispetto ai livelli pre-pandemia (grafico 6, lato destro). Inoltre, nel secondo trimestre di quest’anno, ci sono stati 1,4 milioni di lavoratori in meno nella forza lavoro rispetto all’ultimo trimestre del 2019. Chi rinuncia a lavorare o dal cercare lavoro durante la pandemia, potrebbe cercare di rientrare nella forza lavoro man mano che la ripresa prende piede.

Le pressioni salariali potrebbero ancora emergere prima che l’economia raggiunga la piena capacità se vi sono diffuse inefficienze corrispondenti nel mercato del lavoro; oppure se il picco dell’inflazione influisce sulle dinamiche di contrattazione salariale.

Il fatto che non si assista a spirali salario-prezzo non è troppo sorprendente. I lavoratori, i datori di lavoro e gli investitori finanziari sanno che la BCE contrasterebbe in modo decisivo qualsiasi aumento destabilizzante dell’inflazione a medio termine. E questo impegno è importante: quando le banche centrali sono credibili, i prezzi delle materie prime e dell’energia sono scarsi anticipatori della futura inflazione core.

Prospettive per la politica monetaria

Dopo la pandemia, gli effetti di un ipotetico aumento dei salari sulla crescita del costo del lavoro per unità di prodotto, tenderanno a essere mitigati.

Un importante risultato della risposta europea alle crisi è stato quello di fornire una risposta comune a uno shock comune. Ora, abbiamo bisogno di politiche comuni per sostenere una ripresa comune, sostenendo il ritorno sostenuto dell’inflazione al nostro obiettivo. Il Next Generation EU fornisce il sostegno fiscale per la ripresa, ma è necessario un continuo stimolo monetario per cementare i progressi.

Fino a quando non avremo prove certe sulla presenza di rischi al rialzo per l’inflazione a medio termine, continueremo a monitorare le fiammate inflazionistiche. Non dobbiamo temere una crescita dei salari coerente con il nostro obiettivo di inflazione. Ma, non dovremo ignorare i rischi al ribasso dell’inflazione dato che ormai siamo da tempo sul livello più basso dei tassi di policy ( ZLB).

La deflazione è acqua passata.

Secondo la BCE, fino a quando non avremo un inflazione del 2% nella seconda metà del 2022, non si avranno aumenti di tassi. In prossimità del ZLB, l’orientamento della politica monetaria è definito anche dal volume e dalla distribuzione degli acquisti di attività, che aiutano a controllare i tassi di riferimento dei titoli a più lunga scadenza.

Indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA)

Una riduzione inappropriata e brusca degli acquisti equivarrebbe a un inasprimento della politica. Gli acquisti netti di attività continueranno a essere un ingrediente essenziale della politica monetaria, anche se il programma di acquisto per l’emergenza pandemica dovesse concludersi.  

Dall’ultima esperienza della crisi Europea nel 2011,  credo che dovranno essere mitigati le asimmetrie fiscali e finanziarie dei paesi, che possano impedire la trasmissione della politica monetaria in tutta l’area dell’euro.

In Europa non ci troviamo più di fronte a rischi di deflazione o stagnazione. Ciò è merito della risposta macroeconomica data dal Recovery Plan e dai pacchetti di acquisto titoli, di cui la politica monetaria è una componente chiave.

Pertanto, sulla base di prove empiriche, si devono valutare tutte le variabili che muovono l’economia pur di controllare gli shock-asimmetrici derivanti da shock di offerta; accompagnare la domanda al suo trend pre-crisi, garantendo la stabilità dei prezzi nel medio termine.

Exit mobile version