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Verso il Quirinale – Antonio Segni

quirinale presidente Antonio Segni

In vista della settimana in cui gli occhi saranno puntati sul Quirinale, continua la serie speciale dedicata alle biografie dei Presidenti della Repubblica. Questo articolo è dedicato ad Antonio Segni, quarto presidente della storia repubblicana. Il suo mandato fu il secondo più breve dopo quello di De Nicola. Nel biennio di Segni avvenne la formazione del primo governo Moro che segnò un cambiamento negli equilibri politici destinato a durare nei decenni successivi.

Antonio Segni, giurista popolare e antifascista

Nato a Sassari nel 1981 in una nobile famiglia divise la sua età giovanile tra lo studio del diritto, di cui divenne professore nel 1920 e la passione politica, che lo portò a unirsi al Partito Popolare di Don Sturzo sin dalla fondazione nel 1919. La carriera accademica proseguì tra Perugia, Cagliari, Pavia e Sassari (ma non Napoli, dove la sua nomina fu impedita dalle autorità fasciste) mentre quella politica si fermò per tutto il ventennio.

All’approssimarsi della fine del fascismo, già nel 1941-42, entra in contatto con i gruppi dei cattolici milanesi che stanno dando vita alla Democrazia Cristiana. L’8 settembre gli porta nuove responsabilità: viene chiamato dai vescovi sardi a partecipare alla creazione della Dc in Sardegna (sarà il referente del comitato di undici membri – uno per diocesi – incaricati di dar vita al partito nell’isola) e il comando militare della Sardegna lo nomina nello stesso ottobre successivo Commissario straordinario per il governo amministrativo dell’Università di Sassari. L’anno dopo sarà eletto Rettore e quindi confermato sino al 1951. Dal 1° febbraio 1954 viene chiamato alla cattedra di Diritto processuale civile dell’Università di Roma, che lascerà soltanto quando andrà in pensione, nel 1961.

Una carriera politica a Roma

Presente nella DC fin dalla fondazione, nel 1946 ottenne un seggio nell’Assemblea Costituente. Deputato dalla prima legislatura fino all’elezione al Quirinale in quel periodo numerosi incarichi di governo.

Da conservatore, appartenente all’area DC dei dorotei, formò due governi: il primo (1955-57) con una coalizione di centro (DC con PDSI e PLI). Il secondo (1959-60) fu invece un monocolore DC ma con appoggio esterno di liberali, monarchici e del MSI.

Il primo governo è ricordato in quanto ci fu la firma, il 25 marzo 1957, dei Trattati di Roma. I trattati firmati segnarono la nascita della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA o Euratom). Sono stati anni di consolidamento delle istituzioni italiane con la formazione e l’insediamento della Corte Costituzionale, prevista dalla Costituzione ma fino al 1957 mai insediata. Ci fu inoltre una riorganizzazione dell’assetto di governance delle imprese di stato con la creazione del Ministero per le Partecipazioni Statali. Questo rese le imprese di proprietà pubblica autonome dal punto di vista sindacale e non legate alla Confindustria.

Le elezioni del 1962 e l’approdo al Quirinale

Le elezioni del 1962 videro Segni da subito individuato come candidato della DC da Aldo Moro. Questa scelta serviva per soddisfare la destra del partito e rendere possibile al contempo l’avvicinamento ai socialisti. I suoi consensi andando avanti con gli scrutini crebbero fino a rendere possibile la sua elezione al nono scrutinio con 443 voti (a fronte di una maggioranza assoluta fissata a 428). Votarono per lui parlamentari del MSI e dei Monarchici rendendo possibile l’elezione. Il risultato fu comunque la maggioranza meno forte della storia repubblicana.

Gli anni al Quirinale dovette fronteggiare i tentativi di nascita della coalizione di centrosinistra. Il 1963 fu l’anno delle elezioni a seguito delle quali ci fu prima, a seguito di un primo tentativo di Aldo Moro, la formazione del governo Leone I, monocolore DC transitorio. Nel dicembre dello stesso anno Aldo Moro riuscì a formare un governo con PRI, PSDI e PSI, il primo governo di centrosinistra della storia italiana.

Le innovazioni della presidenza Segni

Gli anni della presidenza di Segni furono anni di cambiamento. La presidenza di Antonio Segni, benché ispirata a quella di Luigi Einaudi, è caratterizzata dal ruolo attivo di orientamento politico svolto dal capo dello Stato. Fu particolarmente attivo contro la minaccia dell’estremismo comunista. In questo senso il mandato di Segni è caratterizzato da una continuità con quello di Gronchi, sebbene a fronte di una formazione e una linea politica profondamente diverse.

È celebre il messaggio alle Camere del 16 settembre 1963 in cui indicò alcune modifiche da apportare al meccanismo di elezione dei giudici della Corte Costituzionale e in cui propose una revisione delle regole anche sulla prima carica dello stato. Come ricordato un anno fa dal presidente Mattarella, Antonio Segni propose infatti di abolire il “semestre bianco” e sostituirlo con la non rieleggibilità del Presidente della Repubblica.

Le dirette televisive

Ulteriore elemento caratterizzante della Presidenza Segni fu l’inaugurazione della prassi della diretta televisiva dei messaggi sia di insediamento, sia del passaggio di consegne col predecessore. Cercando di privilegiare una dimensione comunicativa snella e immediata, in linea coi cambiamenti in atto nel paese, Segni trasmette un senso di fiducia agli italiani. Il suo stile sobrio ed elegante conquista l’audience e contribuisce a rendere familiare la figura del Presidente della Repubblica.

Il messaggio del Capodanno 1964

Nel messaggio agli italiani in occasione del Capodanno 1964, trasmesso in diretta radiotelevisiva dal palazzo del Quirinale il 31 dicembre 1963, Segni ricordò come fra gli «avvenimenti gravi e memorabili che hanno contrassegnato il corso del 1963» vi era stata la scomparsa di papa Giovanni XXIII e quella del presidente Kennedy, «due grandi fiamme che avevano illuminato a tutti la difficile via verso la pace nella libertà e nella giustizia: quella pace nella quale profondamente credevano e nella quale anche noi profondamente crediamo».

Ricorrenti nel discorso di Segni sono i pilastri del suo pensiero politico, la dignità e la libertà dell’uomo, intesi come il fondamento di ogni ordinamento sociale e conseguenza diretta del principio cristiano della solidarietà. Dopo aver ricordato quei «due grandi testimoni», Segni auspicò di non perdere la loro eredità spirituale, augurandosi che «il retaggio degli ideali di pace e di fratellanza che ispirarono le loro azioni» potesse essere raccolto e tradotto «in operante realtà».

Ricordò il ventennale della Resistenza. Segni precisò come la nazione italiana non avesse dimenticato «di onorare tutti coloro che fermamente credettero nella rinascita della Patria – unita, libera e democratica – dagli errori e dalle rovine di una guerra non voluta e non sentita dal popolo italiano, ma pur affrontata con coraggio ed eroismo, e di riaffermare i valori perenni che ispirarono e sostennero l’azione per questa rinascita. Il sacrificio di Boves, quello di Lanciano, i fatti d’arme di Monte Lungo sono, tra i tanti episodi gloriosi, una testimonianza fulgida e duratura dell’intensa spiritualità e del tenace amor di Patria che hanno armato la mano e infiammato gli spiriti generosi di coloro che combatterono per il riscatto dell’Italia»

La malattia e la fine del mandato al Quirinale

All’ictus nell’agosto 1964, seguì l’accertamento della sua condizione di “impedimento temporaneo”. Come da procedura assunse le funzioni il presidente del Senato Cesare Merzagora. Nonostante la gravità della condizione non si arrivò ad accertare la condizione di “impedimento permanente” che avrebbe comportato la decadenza dall’incarico e nuove elezioni. Risolse lui l’impasse con le dimissioni volontarie il 6 dicembre dello stesso anno. Divenne Senatore a vita di diritto e morì nel 1972 a 81 anni.

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