Economia, Scienze economiche

Representativeness bias

L’euristica della rappresentatività fu individuata da Kahneman e Tversky nel 1973 e, secondo i due psicologi, è uno dei bias cognitivi più diffusi e ricorrenti quando si prendono in considerazione i processi decisionali. Essi sostengono che gli individui afflitti da questo bias non valutino le probabilità degli eventi correttamente, ma influenzati sulla base di stereotipi e situazioni a loro familiari. Accade così che i soggetti spesso, nel momento in cui si trovano a giudicare un determinato insieme di dati, non prestino attenzione alla grandezza del campione, né tantomeno alla maggior varianza campionaria che caratterizza i piccoli campioni – che sarebbero quindi da valutare tendenzialmente come poco affidabili.

Gli errori valutativi e le distorsioni cognitive che ne derivano, a causa di un’estrema semplificazione, sono molteplici. Ad esempio, le persone tendono ad applicare le leggi bayesiane, sulle quali la statistica inferenziale si fonda, dando preponderanza e rilevanza alla descrizione del fenomeno, piuttosto che ai dati sui quali il fenomeno stesso si fonda. Basandosi su percezioni errate ed errori logici, applicano delle inferenze scorrette, cioè logiche o ragionamenti errati, che spesso conducono a conclusioni fallaci.

 Per concretizzare questo bias è possibile prendere in esame un esperimento tratto dallo studio “Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases di Kahneman e Tversky”, pubblicato successivamente all’interno del libro di Daniel Kahneman “Pensieri lenti e veloci”. Il problema è noto con il nome de “il problema di Linda”. 

“Linda ha trentun anni, single, espansiva e molto intelligente; è laureata in filosofia; da studente è stata altamente coinvolta in questioni di discriminazione e giustizia sociale ed ha pure partecipato a dimostrazioni anti-nucleari”.

Dopo che fu letto questa breve descrizione fu chiesto ad un gruppo di partecipanti di individuare quale fosse l’alternativa più probabile:

A “Linda è una bancaria”,

B “Linda è una bancaria ed anche attivista nel movimento femminista”.

Naturalmente A è più probabile di B, considerando che l’opzione A è una probabilità singola, mentre l’opzione B rappresenta una probabilità congiunta tra due differenti esiti, “bancaria” e “attivista”, che dovrebbero verificarsi entrambi. Il 90% degli intervistati hanno preferito però l’alternativa B evidenziando un utilizzo improprio delle regole bayesiane. I partecipanti sovrastimarono infatti la narrazione artificiosa che veniva fornita e valutarono erroneamente la probabilità dei due eventi congiunti, facendosi fuorviare da informazioni superflue.

Naturalmente dati due eventi A e B, la probabilità dell’evento congiunto (AB) è minore o uguale alla probabilità che i due eventi si presentino singolarmente:

P(A,B)≤P(A)

P(A,B)≤P(B)

Gli individui, spesso, non tengono conto delle varianze campionarie o dell’importanza delle probabilità a priori dando un peso enorme alle proprie esperienze personali e alla similarità delle opzioni con i propri stereotipi mentali. L’uomo per natura tende ad individuare pattern e schemi nel caos degli eventi, riconducendo erroneamente accadimenti tra loro indipendenti alla medesima causa scatenante. Nei mercati finanziari, ad esempio, individui inesperti possono essere portati a pensare che il susseguirsi di giornate negative per un dato indice sia riconducibile ad una crisi imminente oppure che la il deprezzamento di un tasso di cambio relativamente stabile, per alcune sedute successive di borsa, sia causato da un attacco speculativo nei confronti della valuta in questione. Questa capacità umana di creare “verità” statistiche, partendo da piccoli campioni con grande varianza, ha portato Kahneman e Tversky a coniare ironicamente il termine “legge dei piccoli numeri”.

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