Economia, Finanza, Scienze economiche

Sanzioni e rischio sistemico: lezioni dal 1914

Nell’opera “De Oratore” Cicerone definì la storia “Maestra di vita”, per via degli insegnamenti che si possono trarre dalla stessa. L’economia – o meglio, la storia economica – non fa eccezione nel darci insegnamenti importanti di questo tipo; anche e soprattutto per temi di attualità come le sanzioni mosse contro la Russia. Cosa abbiamo imparato dalla storia economica sul tema delle sanzioni? Vediamolo con l’articolo di oggi, con uno studio del Center for Economic Policy Research.

“La goccia che fece traboccare il vaso”

Un periodo interessante da analizzare, in questo senso, sono i primi anni della Prima Guerra Mondiale; iniziata il 28 giugno con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinand; evento, questo, che oltre a scatenare una crisi sul fronte militare, ebbe delle conseguenze anche dal punto di vista finanziario.

La causa specifica della crisi fu che le principali nazioni commerciali Austria, Germania e Francia, intente a proteggere i propri mercati finanziari, vietarono i pagamenti a entità straniere.

La cessazione dei pagamenti di prestiti transfrontalieri e della compensazione creò enormi difficoltà alle banche con clienti in quei paesi, diffondendosi rapidamente a tutte le banche.

Di conseguenza, emerse un tipico ciclo di rischio sistemico, con individui che accumulavano liquidità e non fornivano credito; mentre le istituzioni finanziarie e le imprese affrontavano la minaccia del fallimento.

Soluzioni d’altri tempi (?)

Per correre ai ripari, le diverse autorità monetarie seguirono una prassi abbastanza consolidata all’epoca: iniettare nel sistema finanziario un grande ammontare di liquidità. I diversi Stati, più o meno preparati, avviarono quindi dei massicci programmi d’acquisto che riuscirono, almeno inizialmente, a contenere la crisi di liquidità in corso. Le misure, però, si rivelarono presto insufficienti: molti governi iniziarono a sospendere i requisiti per effettuare la maggior parte dei pagamenti di prestiti privati. Inoltre, i governi di Gran Bretagna e Stati Uniti chiusero, all’epoca, le borse per sei mesi; poiché allora erano la principale sede di negoziazione delle obbligazioni.

Insomma, allora come oggi, la crisi finanziaria non fu altro che il combinato disposto di guerra e sanzioni. L’alta integrazione del sistema finanziario fece il resto, offrendo ai policymakers di oggi un interessante “esperimento di laboratorio” da cui trarre delle importanti lezioni.

Guerra, sanzioni e rischio sistemico

Una prima analogia interessante è quella relativa a chi è maggiormente esposto a questi rischi.

Come nel 1914, i rischi finanziari più evidenti sono per le banche europee direttamente esposte ai creditori dei paesi belligeranti. Fortunatamente, ad oggi questa tipologia non sembra porre una preoccupazione sistemica immediata. Il capitale posto a garanzia dalle banche è ampio; per cui non ci sono particolari problemi da questo punto di vista. La minaccia più immediata è, invece, che la Russia possa reagire tagliando le esportazioni di gas verso l’Europa, il che provocherebbe un’immediata crisi economica nelle economie dipendenti dall’energia, in particolare in Germania; così come dei prezzi più alti delle commodities possono frenare la (già incerta) ripresa europea.

Un modo per fronteggiare questa crisi sarebbe intervenire con la politica monetaria. I recenti sviluppi della stessa, però, sembrano remare contro l’uso di questa opzione; anche considerando le spinte inflattive che, se alimentate, porterebbero al disancoramento delle aspettative e – quindi – a maggiori tassi di inflazione nel futuro. Le autorità monetarie (non solo la BCE) si stanno muovendo nello stretto sentiero esposto su un burrone, dove da un lato c’è la recessione e – dall’altro – l’inflazione. La soluzione “monetaria” alla crisi delle commodities è tutt’altro che semplice; ma non può prescindere dal ritrovare un nuovo “rigore monetario” per calmare le aspettative di inflazione.

Questo significa, però, alzare i tassi; il che porterebbe ad un rialzo generalizzato del livello dei tassi di interesse lungo tutta la struttura per scadenze. Questo causerebbe dei problemi per tutte quelle entità (tra cui alcuni Stati) che si sono esposti per le maturities più corte, e quindi un maggior bisogno di rifinanziamento.

Inoltre, poiché le banche europee detengono una quota relativamente ampia del debito sovrano, i loro bilanci subiranno di conseguenza crescenti tensioni, riducendo i prestiti e mettendo in moto un circolo vizioso.

Le reazioni dei mercati

Come stanno prezzando i mercati questi rischi? Un modo per farlo è guardare come gli operatori valutano le assicurazioni (opzioni) contro perdite significative a lungo termine sul valore di mercato delle imprese. Gli studiosi utilizzano i dati di tali opzioni “out of the money” a lungo termine e per costruire ciò che chiamano “paura del mercato”.

La figura precedente mostra la situazione per lo Standard & Poor sP500, l’indice DAX e Deutsche Bank nel giorno peggiore della crisi del Covid, marzo 2020, 1 gennaio 2022 e 8 marzo 2022.

Con un orizzonte temporale di un anno, la paura nell’S&P 500 è simile all’indice DAX. Per tutte e tre le attività, la paura di un anno era molto più alta a marzo 2020 di quanto non lo sia ora. Tuttavia, il quadro è diverso all’orizzonte di un decennio. La paura a lungo termine dell’S&P 500 non sembra essere stata influenzata dalla guerra, mentre i timori in merito sono aumentati in modo significativo sia nel DAX che per il titolo di Deutsche Bank.

Quali sfide di policy?

Uno scenario di crisi così complesso in un contesto generale di inflazione elevata e in aumento è particolarmente difficile per le banche centrali; soprattutto in relazione al loro essere garanti della politica monetaria e macroprudenziale. La risposta della politica macroprudenziale richiede vaste iniezioni di liquidità. Tuttavia, le banche centrali, con il loro occhio sull’inflazione che si avvicina al 10%, saranno meno propense a creare più liquidità tramite strumenti come il QE e bassi tassi di interesse (fatto, questo, che rischia di alimentare le già disancorate aspettative di inflazione).

Lezioni dalla storia

La grave crisi sistemica del 1914 fornisce una lezione per i responsabili politici che reagiscono all’invasione russa dell’Ucraina. Nel 1914, i paesi intenti a proteggere i propri sistemi finanziari e punire i propri nemici chiusero la maggior parte della fornitura transfrontaliera di servizi finanziari, con l’immediata conseguenza di una crisi sistemica.

Le conseguenze delle sanzioni occidentali contro la Russia non sono della stessa portata e una crisi sistemica resta improbabile.

Se la crisi dovesse aggravarsi, però, i governi saranno chiamati a sostenere le entità che più soffrono a causa della guerra e delle sanzioni. Sono in una posizione sfavorevole per farlo, con il debito sovrano a livelli record in tempo di pace, le entrate che potrebbero diminuire e l’inflazione alta e – in prospettiva – crescente. Se la crisi diventa particolarmente grave, i governi non avranno altra scelta che sperare in un (ulteriore) intervento espansivo delle banche centrali, alimentando ulteriormente l’inflazione, per evitare un peggioramento della situazione.

Come scrivevamo qualche tempo fa, il sentiero su cui si muovono sia le autorità fiscali che quelle monetarie è molto stretto; la cui percorrenza è resa difficile dalla complessità della crisi che stiamo vivendo. Sta al giudizio (ponderato) del policymaker individuare le criticità e i possibili benefici delle possibili scelte sia di politica monetaria sia di politica fiscale; non perdendo d’occhio l’imprescindibile guida della credibilità e del mantenimento della stabilità dei prezzi e della stabilità finanziaria nel farlo.

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