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TIM, KKR lancia un’OPA, possibile Golden Power

Il fondo statunitense KKR ha presentato una manifestazione d’interesse per il 100% delle azioni ordinarie di TIM, la ex compagnia telefonica Telecom Italia. La manifestazione di interesse arriva in un momento sicuramente caldo per Tim.

A riscaldare l’aria è la diffusione dei risultati dell’ultimo trimestre considerati non positivi: risultati trainati dall’accordo che TIM fece con Dazn per portare la seria A su TimVision. Un contesto che abbassa anche il rating sul lungo termine di Telecom Italia da BB+ a BB, con un outlook sul futuro stabile.

La manifestazione di interesse, potrebbe preludere all’ingresso di un investitore estero in Telecom. Con una differenza rispetto al passato. Il governo, che dispone di speciali prerogative in caso di acquisizione di società ritenute strategiche per il paese, ha tutte le intenzioni di farle valere.

A cominciare dai paletti che è pronto a mettere su quella che viene chiamata rete telefonica; ancora oggi l’unica l’infrastruttura tecnologica di maggior pregio in Italia. Comunque, KKR sembrerebbe disposta a rispettare quei paletti.

Un’OPA per tutti ma solo per TIM

A suggerire di inviare un’Opa a TIM troviamo il CEO Luigi Gubitosi, che portò il fondo americano nel capitale di FiberCop (con il 37,5%); lo stesso Gubitosi però è messo alle corde dal board di Tim che contesta la sua strategia alla luce dei risultati deludenti. I rapporti amichevoli però non bastano di certo a giustificare un investimento da 33 miliardi di euro che includono l’indebitamento di 22,5 miliardi.

Il ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco per ora prende tempo. Il Mef si è limitato a commentare che l’interesse in Telecom Italia è “una buona notizia per il Paese”. Ma Telecom, che controlla tra l’altro la rete di cavi sottomarini di Sparkle, è un asset strategico. Perciò, il governo si è dato il tempo per «valutare con attenzione le sue prerogative» e se necessario userà il potere del golden power, già utilizzato da Draghi. Aggiungendo che “l’obiettivo del governo è di assicurare che questi progetti siano compatibili con il rapido completamento della rete ultraveloce”.

CDP non sta a guardare

Azionista di Tim lo è anche lo Stato con CDP che detiene circa il 10%, acquistato a 0,65-0,70 euro ad azione. CDP controlla inoltre Open Fiber, concorrente di Tim nell’infrastruttura in fibra. Se KKR patteggiasse per una scissione della rete da Tim, o fosse costretto a cedere il controllo della rete per il golden power, CDP potrebbe rilanciare il progetto di rete unica, senza il rischio di uno stop europeo, eliminando il conflitto di interesse che presenta invece il progetto di Tim.

Infatti, se CDP accettasse l’offerta di KKR eliminerebbe l’impasse strategica di avere una posizione sia in Tim che in Open Fiber, rimanendo esposta solo a Open Fiber e mantenendo l’opportunità di rilanciare il progetto rete unica. Da 20 anni a questa parte lo Stato non ha tutelato il settore delle telecomunicazioni, permettendo continui terremoti in Tim e lasciando campo libero a una concorrenza esasperata, nemica degli investimenti.

Avremo una fumata bianca?

Come accaduto anni fa con Vivendi, oggi ci sono delle possibilità che un fondo straniero con molte risorse a disposizione, possa puntare al controllo di un’azienda molto indebitata com’è Tim. Questa, ha bisogno di tutto l’aiuto possibile per sviluppare la rete in fibra ottica e il 5g. Purtroppo, l’Italia si deve affrettare ad affrontare il problema della perdita di posizioni tra i paesi avanzati nella corsa alla digitalizzazione. La fibra, ha un ritmo di dispiegamento rallentato e servono ulteriori sforzi per aumentare la copertura delle reti mobile. Il mondo nel 2021 sta attraversando due rivoluzioni, quella dell’economia green e quella della tecnologia e della digitalizzazione. Un paese avanzato che vuole competere, non può permettersi ritardi e arretratezze rispetto ai suoi concorrenti, perché farebbe perdere posizioni importanti alla sua economia. A Vivendi toccherebbe il male peggiore, dato che perderebbe circa il 50% dell’investimento iniziale in Tim.

Naturalmente, il governo è parte integrante della partita. Non solo perché ad oggi Tim detiene la principale infrastruttura di rete del paese (quella in rame); anche perché una società per la rete unica, non potrebbe non avere come socio lo Stato italiano, che con CDP controlla OpenFiber.
Inoltre, una Tim a trazione americana quale problema potrebbe creare? In fin dei conti, che differenza tra un azionista francese o statunitense? Evidentemente nessuna.

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