Economia, Scienze economiche

Ucraina: dalla guerra alla ricostruzione. Quali passi?

Il 24 febbraio scorso la Russia violava la sovranità di uno Stato limitrofo, l’Ucraina. Questo ha posto dei seri rischi alla stabilità politica ed economica dell’Europa e non solo. Il Paese invaso, nonostante l’esito della guerra incerto, sta sperimentando una situazione economica (e non solo) come non si vedeva da molti anni.

Come procedere alla ricostruzione alla fine del conflitto? Questa è la domanda a cui hanno risposto alcuni studiosi (tra cui Kenneth Rogoff) in una ricerca pubblicata per il Center for Economic Policy Research.

La situazione attuale

Della situazione attuale dell’economia ucraina ne già abbiamo parlato in un altro nostro articolo; focalizzandoci in particolare sull’aspetto finanziario. La ricerca in parola si concentra, al contrario, sugli aspetti “reali” della situazione economica ucraina; un fatto – questo – che ci permette di individuare diverse aree di criticità attuali del sistema economico del Paese:

  • Mercato dei beni: attualmente a causa della guerra l’Ucraina ha perso tra il 30 ed il 50% della sua capacità produttiva; sia in termini di forza-lavoro sia in termini di attrezzature e beni capitali (in particolare attrezzature ed edifici ad uso commerciale). Questo ha comportato, tra le altre cose, un forte calo della produzione agricola; così come a forti difficoltà logistiche e conseguente incertezza per quanto riguarda l’approvvigionamento di materie prime. Il tutto accompagnato da una forte riduzione delle forniture energetiche; nonostante l’Ucraina fosse connessa alla rete europea.
  • Commercio con l’estero: i problemi relativi al mercato interno ucraino sono amplificati dalla posizione attuale dell’Ucraina con l’estero; con un deficit delle partite correnti che si aggira attorno all’80-90%. Tutto questo viene amplificato dalla di fatto impossibilità del Paese di esportare, per via del blocco imposto dalla Flotta del Mar Nero russa; che di fatto – nonostante l’affondamento del Moskva – detiene ancora una certa supremazia navale. L’Ucraina continua a commerciare con i Paesi UE; questo tuttavia non è sufficiente per migliorare la situazione.
  • Politica fiscale e governance. Dall’inizio della guerra, le entrate fiscali del Tesoro ucraino sono scese dell’80% (fenomeno dovuto, in gran parte, al rallentamento dell’attività economica); così come molte delle istituzioni ucraine (tra cui anche molti uffici governativi, ma non solo) hanno subito un duro contraccolpo a causa della guerra. Questo ha messo in difficoltà la governance del Paese.

Sulla base delle esperienze storiche (su cui si basa questa analisi) gli economisti concludono che l’Ucraina post-bellica somiglierà, molto probabilmente, ad una sorta di Iraq post-2003.

Ucraina: cosa fare? Il framework istituzionale

Una situazione che potremmo senza mezzi termini definire disastrosa. Cosa fare? Vediamolo insieme. La proposta di Rogoff e degli altri economisti si sostanzia in tre fasi: una di breve periodo, una di medio e una di lungo periodo.

Prima di vedere la proposta nel concreto, però, gli autori della stessa si soffermano su un aspetto importante della questione: il framework istituzionale all’interno del quale sviluppare il piano.

 Secondo questi economisti, gli aiuti all’Ucraina post-bellica dovrebbero essere gestiti da un’agenzia indipendente, affiliata all’UE o autorizzata; un’agenzia indipendente, simile all’Economic Cooperation Administration che amministrò il Piano Marshall nel secondo dopoguerra. 

L’istituzione di una nuova agenzia affiliata all’UE aiuterà a evitare la deriva della missione, ridurre al minimo la burocrazia e l’inerzia delle istituzioni esistenti, ridurre al minimo l’influenza politica (ad esempio, la Russia è azionista del FMI, della Banca mondiale e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo), evitare la ricostruzione guidata dai donatori e attirare un quadro fresco, motivato e con un morale alto. Questa agenzia dovrebbe avere una significativa autonomia nel processo decisionale (per ridurre al minimo l’influenza politica e mantenere la flessibilità in un contesto incerto); ed allo stesso tempo dovrebbe avere carattere pluriennale (ancorché delimitato nel tempo), in modo da poter essere in grado di intraprendere dei progetti di lungo termine invece di concentrarsi su quelli di breve.

Basandosi su cinque principi fondamentali predeterminati, questa agenzia dovrebbe gestire l’intero svolgimento della ricostruzione.

La ricostruzione: quali fasi?

Chiarito questo, Rogoff e gli altri economisti elencano i tre “step” per ricostruire l’economia ucraina.

Prima fase: breve periodo (0-6 mesi).

Nella prima fase della ricostruzione, che dovrebbe durare dai tre ai sei mesi, la priorità dovrebbe essere minimizzare i danni post-conflitto; rifornire la popolazione ucraina con cibo, materie prime e macchinari. In modo simile al piano Marshall, lo scopo principale di questa fase dovrebbe essere prevenire ulteriori uscite di persone (potenziale forza lavoro) e attrezzature (specie agricole, visto il ruolo del Paese nella produzione di grano) dall’Ucraina. Inoltre, in questa fase, andrebbero ricostruite le infrastrutture chiave danneggiate dal conflitto; così come andrebbe reintegrata la forza lavoro ad alta qualificazione con esperti provenienti dai Paesi vicini. Il tutto, ovviamente, con la supervisione dell’agenzia internazionale; la quale dovrebbe garantire l’efficienza e l’efficacia delle misure prese.

Seconda fase (dai 3 ai 24 mesi): la fase di transizione in Ucraina.

In questa fase, i cui prodromi andrebbero messi nella seconda, la priorità va data – secondo agli economisti – al ritorno ad un corretto funzionamento di un’economia di mercato. Questo si dovrebbe tradurre in maggiore flessibilità dei prezzi e dei salari, un ritorno all'”inflation target” in linea con quello adottato dagli occidentali; così come l’introduzione di una maggiore flessibilità nel tasso di cambio e la fine permanente del finanziamento monetario dei deficit. Allo stesso tempo, la banca nazionale ucraina dovrebbe implementare delle migliori policies regolatorie.

Questo vuol dire revisionare qualità degli asset detenuti dalle banche commerciali e calibrare, secondo questa revisione, i piani di ricapitalizzazione delle stesse; favorendo – in questo senso -l’ingresso di partecipazioni straniere nel capitale delle stesse.

Allo stesso tempo, almeno inizialmente, si dovrebbe imporre una “canalizzazione” del credito verso quelle imprese con migliori prospettive di crescita, come quelle legate al settore IT. Il tutto migliorando ed ampliando l’accesso alle infrastrutture (di base e non) necessarie a questi investimenti.

Terza fase: il lungo periodo.

Non di solo pane vive l’uomo, né di solo breve periodo vive l’economia. Le fondamenta per il successo dell’Ucraina come nazione del XXI secolo dipenderenno, in gran parte, da cosa farà per il lungo periodo. Sono necessarie, in questo senso, delle riforme istituzionali ed economiche volte a potenziare quelle fatte nelle fasi 2) e 3). Per esempio, assieme al potenziamento delle infrastrutture e dell’investimento in capitale fisico ed umano per potenziare la produttività, per minimizzare i rischi che queste riforme avvantaggino solo poche persone (a scapito delle altre) si potrebbe pensare di “esportare” il framework legale europeo in Ucraina.

Questa è solo una delle tante riforme che sono necessarie ad un Paese – come l’Ucraina – la cui economia è stata colpita da uno shock di offerta negativo delle dimensioni di una guerra.

La leadership ucraina saprà cogliere la sfida? Solo il tempo saprà darci una risposta.

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