Site icon EconomiaItalia

Populismo: quanto ci costa?

Il populismo, si sa, è un fenomeno politico e sociale che ci accompagna da molti anni; e che si è evoluto in modo diverso a seconda dei Paesi in cui è nato. Ma ci sono delle caratteristiche che accomunano i diversi populismi nazionali, che li rendono simili e che ci permettono di fare delle analisi sui costi che questo fenomeno politico ha avuto; anche e soprattutto in termini economici. Ne parliamo nel nostro articolo di oggi.

Populismo: cos’è

Prima di parlare in dettaglio dei driver e dei costi del populismo, dobbiamo darne una definizione. Prendendo la Treccani, possiamo definire il populismo come un

atteggiamento ideologico che […]esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi [o che è] […] caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari.

Insomma, per tirare le somme possiamo definire il populismo come un movimento eterogeneo, che sfruttando la natura carismatica di un leader, si lega alle masse popolari esaltandone le qualità positive. Con questa definizione possiamo cominciare la nostra analisi; condotta sulla base di due articoli del Center for Economic Policy Research.

Un po’ di storia…

Il populismo non è certamente un fenomeno recente, nonostante sia solo da pochi decenni che ha fatto tornare a parlar di sé. Come ci mostra questo grafico, realizzato in uno dei due studi sopracitati, la storia dei movimenti populisti risale agli anni Venti, con l’elezione (in Argentina) di Hipólito Yrigoyen, nel 1916.

Da allora, ci sono stati due picchi principali: durante la Grande Depressione degli anni ’30 e negli anni ’10. Gli anni ’80 furono il punto più basso per i populisti al potere. Tuttavia, dopo la caduta del muro di Berlino, dal 1990, il populismo è tornato con una vendetta. L’anno 2018 ha segnato il massimo storico, con 16 paesi governati da che la letteratura di scienze politiche descrive come populisti (oltre il 25% del campione). L’aumento più recente è principalmente da attribuire all’emergere di una nuova destra populista in Europa.

Figura 1: Evoluzione del populismo nel Mondo

In questa analisi è interessante notare che ci sono dei pattern che si ripetono nel tempo; come mostra la figura 2, in cui sono riportati i discorsi dei leader populisti nel corso del tempo:

Figura 2: I pattern storici dei leader populisti

Dalla figura 2 notiamo un preciso pattern: il populismo a livello di governo sembra essere di natura seriale; come si può osservare più e più volte negli stessi paesi. Si possono identificare lunghi e ripetuti periodi di governo populista. Insomma, aver avuto un populista in passato è un forte indicatore del fatto che ci potrebbe essere un governo populista in futuro. Inoltre, da questo punto di vista, è interessante notare che la metà dei paesi con ricorrenti fasi “populiste” nella Figura 2 ha visto il passaggio dal populismo di sinistra a quello di destra o viceversa.

… e un po’ di geografia

Ma il populismo non è un fenomeno analizzabile solo da un punto di vista storico. Anche la geografia, infatti, ci aiuta a trovare dei pattern per cui è possibile fare delle previsioni sui governi populisti dei diversi Paesi.

Come indicato nel secondo studio citato sopra, infatti, il fenomeno populista negli ultimi anni ha ripreso vigore soprattutto negli ultimi anni in Paesi avanzati (e spesso in periodi di crescita economica); spesso come risultato di un’avversione dei policymaker alle riforme e di un’avversione del corpo elettorale a tematiche come la globalizzazione e alla disuguaglianza.

Populismo: quanto ci costa?

Il costo economico…

Definiti i trend storici del fenomeno che stiamo analizzando, possiamo rispondere alla domanda iniziale del nostro articolo: quanto ci costa essere populisti? I dati ci forniscono una risposta sotto due punti di vista: quello economico, che vedremo adesso, e quello politico e sociale.

Il populismo ci costa innanzitutto in termini economici, come possiamo vedere dalle figure “3a” e “3b”; in cui sono rappresentati i differenziali di crescita rispetto ad uno scenario “base” ed uno scenario in cui il Paese in oggetto è governato da una forza politica “populista”.

Figura 3a: Il costo del populismo in termini di gap di crescita
Figura 3b: divari di performance media nella crescita annualizzata del PIL reale cinque anni dopo la presa del potere di un partito populista

Se ci stiamo chiedendo se il populismo ci costa (e molto) in termini di crescita economica la risposta è chiaramente “Sì”. Andiamo più nel dettaglio. I risultati della figura “3a” sono incondizionati sugli eventi economici che circondano l’entrata in carica del populista e sulla dinamica anno dopo anno; e non utilizzano un gruppo di controllo rigoroso. Tutto ciò è particolarmente importante; poiché la selezione dei paesi che hanno un governo populista probabilmente non è casuale per quanto riguarda l’economia.

Per questo motivo i ricercatori elaborano un ulteriore modello, in cui tengono conto di questi fattori, che restituisce i risultati mostrati nella figura “3b”. In questo caso, i ricercatori applicano il metodo di controllo sintetico (SCM) proposto da Abadie et al. (2010) per costruire un controfattuale per ogni caso; utilizzando un algoritmo per determinare quale potrebbe essere il trend di crescita di un Paese con la massima precisione possibile; confrontando questo trend con quello che effettivamente verificato dopo che il populista è salito al potere.

La differenza cumulativa con l’economia “controfattuale” è grande; supera i dieci punti percentuali dopo 15 anni. Il percorso del PIL effettivamente registrato inizia a divergere visibilmente dal controfattuale “non populista” subito dopo che i populisti entrano al governo; cosa che mostra i danni economici del populismo stesso.

…e quello politico

Il populismo ha anche un costo politico; rappresentando un pericolo per le istituzioni liberaldemocratiche.

Per fornire un esempio, i ricercatori hanno studiato l’evoluzione dei vincoli esecutivi. Il pannello A della figura 4 mostra i risultati dell’algoritmo SCM (simili al pannello B della figura 3 sul PIL) utilizzando un indice della qualità dei vincoli costituzionali all’esecutivo.

Figura 4: populismo e libertà costituzionali

Come possiamo vedere, valori più alti indicano un più alto grado di indipendenza giudiziaria, integrità costituzionale e conformità alle decisioni della corte. Come si può vedere, i controlli e gli equilibri, misurati dai vincoli dell’esecutivo, diminuiscono notevolmente dopo che i populisti vanno al potere; specialmente se confrontati con il controfattuale non populista. Questi risultati sono robusti se si taglia il campione e distingue tra populismi di sinistra e di destra; trovando risultati simili per altre variabili istituzionali come le libertà elettorali e di stampa.

Populismo: un fenomeno complesso

Nonostante i risultati parlino chiaro sui danni fatti dal populismo; e di come esso rappresenti un problema per la vita delle istituzioni liberaldemocratiche. Capire quali siano i suoi driver, le sue determinanti e le ragioni del suo sviluppo è cosa ben più complessa; soprattutto per la natura molto “nazionale” che spesso assume.

Quello che è certo è che le sirene populiste, sovraniste ed ideologiche che in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo non devono farci perdere di vista chi siamo, la nostra storia, le nostre conquiste ed il rigore metodologico e scientifico su cui dobbiamo basare le nostre affermazioni e politiche. Solo così possiamo provare a realizzare un Paese (e perché no, anche un mondo) migliore.

Exit mobile version