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Oggi è la Giornata della Terra, ricordiamo perché.

Come ogni 22 aprile si celebra la Giornata della Terra, la più grande iniziativa al mondo dedicata all’ambiente. È l’occasione per fare il punto sulla salute del Pianeta, sul cambiamento climatico e l’inquinamento (dell’aria, dell’acqua e del suolo);ma anche sullo stato degli oceani e degli ecosistemi, al fine di tracciare un bilancio sulle risorse energetiche non rinnovabili.

La Giornata della terra è una giornata per ricordarci che l’ambiente attorno a noi sta cambiando e che ha bisogno di una salvaguardia. Nel dettaglio, gli enti governativi del mondo civilizzato sono in allarme per alcuni dati che emergono da questi cambiamenti, come ci ricorda anche il libro.

Infatti, la media delle emissioni annuali del decennio che va dal 2010 al 2019 è stata la più alta mai registrata. Nel 2019 abbiamo emesso circa 59 miliardi di tonnellate di CO2, mentre la media del decennio è stata circa 56 Gt CO2 , ben 9 Gt CO2 eq in più della media del decennio che va dal 2000 al 2009. Si tratta del più alto aumento mai registrato da un decennio all’altro nei valori medi delle emissioni annuali. Senza immediate e drastiche riduzioni delle emissioni in tutti i settori, sarà difficile rispettare l’impegno di mantenere entro 1,5°C il riscaldamento globale.

Cosa sta accadendo alla Terra?

Come ben evidenziato in un articolo passato, nelle regioni artiche le temperature stanno salendo a ritmi molto più elevati rispetto al resto del globo, e lo scioglimento del permafrost rilascia grandi quantità di anidride carbonica e metano in atmosfera, contribuendo ad aggravare quella stessa crisi climatica di cui nello stesso tempo subisce gli effetti. Parallelamente, lo scioglimento di questi terreni andrà a compromettere sempre più la stabilità del suolo e quella delle infrastrutture dei terreni limitrofi, causando un effetto domino che produce maggior inquinamento e riscaldamento.

Cosa dice l’IPCC in merito?

Lunedi 4 aprile è uscito il terzo rapporto dell’IPCC ( gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico fondato nel 1988), dedicato interamente alle misure di mitigazione necessarie a contrastare il cambiamento climatico.

Circa 300 scienziati del terzo gruppo di lavoro, ritengono che per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C è necessario che il picco delle emissioni globali sia raggiunto prima del 2025. Poi avremmo 5 anni a disposizione per ridurre le emissioni del 43% entro il 2030. Adesso o mai più, come direbbe Jim Skea, coordinatore del terzo gruppo di lavoro.

E cosa ci dicono i dati sulla biodiversità?

Leggendo le informazioni che arrivano dal nuovo Living Planet Report, risulta che è presente una costante diminuzione della biodiversità. È del 68% il calo medio delle popolazioni di vertebrati negli ultimi 50 anni. Circa il 25% delle 93.579 specie è a rischio estinzione. Ciò accade perché il fattore principale di rischio per la biodiversità è il cambiamento nell’utilizzo del suolo, in particolare è la trasformazione di habitat naturale per le agricolture intensive che sta causando il danno: oggi l’agricoltura “occupa” il 40% della superficie terrestre, ed è alla base di quasi un quarto delle emissioni di gas serra.

Soluzioni immediate?

Lasciatoci alle spalle la conferenza di Glasgow sui cambiamenti climatici, le prospettive non sono cosi rosee come il giorno dopo la COp26. Infatti, la carenza di materie prime, l’inflazione e l’inizio del conflitto tra Ucraina e Russia, stanno portando i paesi occidentali, soprattutto europei, a un ritorno del fossile come nessuno si augurava. Nel tempo, petrolio e carbone saranno utilizzati sempre meno, e ci auguriamo che i governi siano indirizzati sempre più su rinnovabili e nucleare, perché garantiscono nel lungo periodo sicurezza energetica, posti di lavoro e crescita economica a impatto zero.

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