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Tu quoque Mahamady: le possibili cause del golpe in Guinea

Domenica 5 agosto l’Africa Occidentale è stata scossa dall’ennesimo colpo di stato in breve tempo, il terzo a partire dal 2019. Dopo Mali, Sudan e Zimbabwe, stavolta è il turno della Guinea, il cui presidente Alpha Conde è stato arrestato da un commando militare mentre stava facendo colazione in un lussuoso hotel nel centro di Conakry, la capitale del paese.
Forte del sostegno della popolazione (la quale si è riversata nelle strade della capitale per festeggiare la notizia del golpe), il capo dei ribelli (ed ex soldato della Legione Straniera), il colonnello Mahamady Doumbouya, ha tenuto una conferenza stampa nella quale, citando l’ex presidente ghanese Rawlings, ha dichiarato che “se il popolo viene schiacciato dalle sue élite, spetta all’esercito dare al popolo la libertà”.
Il colonnello si è poi impegnato a sovrintendere a una transizione pacifica che porterà alla formazione di un nuovo governo tra 18 mesi, affermando che non ci sarà alcuna “caccia alle streghe” nei confronti dei funzionari governativi incaricati dall’ormai ex presidente Conde e soprattutto rilasciando diversi prigionieri politici. Inoltre, negli ultimi giorni, anche il leader dell’opposizione Cellou Dalein Diallo si è schierato con i militari, affermando che “un golpe è meglio che una dittatura mascherata”, mostrando di essere favorevole al dialogo con l’esercito.
Tempestive le condanne della comunità internazionale, a partire dal presidente francese Macron e quello americano Biden, oltre ad organizzazioni come l’Unione Africana, la quale “condanna ogni presa di potere con la forza, e richiede il rilascio immediato del presidente”.
Lasciando i giudizi di natura politica ad altri, rimane interessante cercare di capire il perché si è arrivati a tal punto: quali potrebbero essere i motivi che hanno portato ad un golpe avvenuto quasi senza colpo ferire?

Un primo indizio ce lo da proprio l’etnia di appartenenza del colonnello, i Malinké, la stessa del presidente. Proprio questo sembrerebbe escludere una faida tra etnie per la lotta al potere, un pattern frequente nei paesi dell’africa subsahariana dove l’appartenenza etnica gioca ancora un ruolo chiave nella società.
Proprio il colonnello era stato recentemente richiamato dalla Francia, dove era di stanza, per guidare le Forze Speciali del paese. Una scelta proprio del presidente, il quale necessitava di una persona di fiducia. Emblematica in questo senso è una foto che circola in questi giorni sui social, raffigurante il mandante del golpe che regge l’ombrello all’ormai ex dittatore, ad indicare quanto il presidente si fidasse di cui che l’ha tradito, forte anche dell’appartenenza allo stesso gruppo etnico.

Un indizio importante sulle cause del conflitto ci arriva dall’economia del paese. Dall’indipendenza infatti, il paese ha sempre puntato sul settore primario, in particolare sul settore minerario e quello agricolo. Nel primo il paese rappresenta il 25% della produzione mondiale di bauxite, la roccia da cui si ricava l’alluminio, così come una consistente produzione di oro, che nel 2020 ammontava a circa 57 tonnellate. Nel settore agricolo invece, il paese detiene un vantaggio comparato rispetto alle altre nazioni della regione per quanto riguarda la produzione di caffè, patate dolci e riso. Inoltre la grande estensione territoriale, la varietà di climi presenti e la grande abbondanza di risorse idriche renderebbero l’autosufficienza un obiettivo realistico e raggiungibile.
Di conseguenza, sebbene la Guinea sembri un paese dal grande potenziale economico, la situazione attuale è ben diversa. Decenni di malgoverno e di corruzione hanno portato a uno scarso sviluppo economico, dapprima a causa di politiche socialiste poco accorte (fino alla fine degli anni 70) attuate dal primo presidente Ahmed Sekou Toure, e poi per una serie di liberalizzazioni dei settori chiave effettuate “con i tempi sbagliati”. Emblematica in questo senso la progressiva liberalizzazione attuata dal 1985, che avrebbe dovuto portare l’agricoltura a livelli competitivi su scala regionale stimolando la formazione di piccole imprese private, ma che ha comunque portato risultati insoddisfacenti.

Sotto il governo di Alpha Conde la situazione è rimasta sostanzialmente invariata. Il presidente ha infatti deciso di puntare sulle compagnie minerarie a partecipazione mista privata e statale, e sulla costruzione di infrastrutture moderne per “ripulire” l’immagine del paese. Anche i dati confermano una situazione tutt’altro che positiva: attualmente il paese ha un PIL pro capite di circa 1.194 dollari (dati World Bank DataBank; https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.PCAP.CD), 300 dollari in meno della media della regione subsahariana (dati , mentre circa il 44% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà (dati World Bank DataBank; https://databank.worldbank.org/data/download/poverty/987B9C90-CB9F-4D93-AE8C-750588BF00QA/SM2020/Global_POVEQ_GIN.pdf ). Inoltre l’alta inflazione, che stando agli ultimi dati oscilla tra il 9 ed il 10%, sfavorisce l’economia ed i salari più bassi, che vedono diminuire il proprio potere d’acquisto e si rivolgono di conseguenza al mercato nero.
Di conseguenza, in un paese dove la maggior parte della popolazione è abituata alle ristrettezze economiche, è plausibile che si sia venuto a formare un malcontento generale, aumentato negli anni, nei confronti del presidente e della sua élite. In questo senso, la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbero stati i tagli alla spesa di mantenimento dell’esercito, operati per cercare di mantenere stabile un’economia disastrata, in modo da riparare quantomeno parzialmente alle numerose “cattedrali nel deserto”, infrastrutture all’ultimo grido ma con scarso valore sociale: per ogni 100 dollari spesi dal governo, 80 vengono dedicati alle infrastrutture, contro i 3 spesi per istruzione e sistema sanitario. È quindi plausibile che, In un atto di miopia politica, Conde abbia perso il sostegno di coloro che potevano garantire il monopolio della violenza, rimanendo isolato e senza protezione. A questo punto s il colonnello Doumbouya avrebbe solamente “capitalizzato” il malcontento di civili e militari, sfruttando la sua intimità col presidente per tramare alle sue spalle in modo insospettabile.

È interessante notare che il malcontento popolare abbia successivamente preso la forma di un golpe, tipologia di cambio al potere a cui il paese è già stato soggetto nella sua pur breve storia. In particolare, dall’indipendenza del 1958 ottenuta a discapito della Francia, il primo colpo di stato è accaduto nel 1984 dopo la morte di Sekou Toure ed il fallimento di un governo di transizione con conseguente presa del potere da parte del generale Lansana Conté, mentre nel 2008 un golpe guidato dal capitano Moussa Camara ha portato alla presidenza proprio Alpha Conde. Il paese sembra quindi essere vittima del pretorianesimo, la tendenza di alcuni stati a ricadere continuamente continuamente nei golpe. Tra le cause di questa tendenza vi sono soprattutto la fragilità delle istituzioni e un’alto malcontento popolare, entrambi elementi presenti nella Guinea attuale.

In definitiva, la tesi di fondo di questo articolo è che decenni di politiche economiche fallimentari uniti alla debolezza ed alla miopia politica della classe dirigente abbiano impedito al paese di instaurare un governo solido, creando terreno fertile per i recenti avvenimenti. L’auspicio è che, indipendentemente dall’esito a lungo termine di questo colpo di stato, la Guinea possa arrivare ad avere un governo stabile che le possa permettere di realizzare il suo potenziale economico, garantendo comunque una maggiore libertà della persona.

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