Una transizione verde costosa.
Dagli accordi di Parigi siamo abituati a sentir parlare di transizione verde per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 ° Celsius entro il 2100.
La necessità di intensificare la lotta contro i cambiamenti climatici potrebbe implicare che i prezzi dei combustibili fossili possano rimanere alti per molto; anche, andando contro le attese che vedono a ribasso i prezzi energetici entro la metà del 2022.
Ovviamente, al centro di questi sforzi c’è la necessità di ridurre radicalmente le emissioni di gas serra. Secondo le Nazioni Unite, le emissioni globali dovrebbero diminuire del 7,6% ogni anno tra il 2020 e il 2030 per raggiungere l’obiettivo di Parigi. A titolo di confronto, nel 2020, quando l’attività economica globale si è praticamente fermata, le emissioni sono diminuite solo del 5,8%.
C’è un ampio consenso sul fatto che il raggiungimento di questi ambiziosi obiettivi richiede di fissare un prezzo globale della Co2. Attualmente, solo il 21,5% delle emissioni è coperto da strumenti di fissazione del prezzo e solo il 4% è coperto da un prezzo superiore a 40 dollari.
La carbon tax aiuta la transizione verde
Secondo un recente sondaggio, la maggior parte degli economisti climatici pensa che il prezzo della Co2 dovrebbe essere superiore a 75 dollari. La risposta mediana di 100 dollari, a detta di Nicholas Stern e Joseph Stiglitz, è quella compatibile per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
Nell’UE, i prezzi nell’ambito del sistema ETS si sono avvicinati rapidamente a questi livelli, riflettendo le aspettative dell’UE sugli impegni per la transizione verde. E’ probabile anche che parte dell’aumento rifletta anche la crescente domanda dovuta alla riapertura dell’economia.
All’inizio di dicembre, i prezzi ETS sono arrivati fino a quasi € 90 per tonnellata, quasi tre volte più alto rispetto all’inizio del 2021. L’aumento misurabile dei prezzi del carbonio contribuirà ad accelerare la transizione verde. Se persistente, disincentiva fortemente nuovi investimenti nei vettori energetici di combustibili fossili.
Due sono, molto probabilmente, gli sviluppi paralleli che stanno rafforzando gli effetti di un prezzo dell’energia più elevato.
Uno è il pacchetto Fit for 55 della Commissione europea, presentata nel luglio dello scorso anno. Comprende una raccomandazione per rafforzare in modo significativo il sistema ETS e ampliarne il campo di applicazione. Il pacchetto propone inoltre una revisione della direttiva UE sulla tassazione dell’energia, con l’obiettivo di aumentare l’aliquota fiscale minima per i combustibili inquinanti e di ridurli per i combustibili efficienti e puliti.
Il secondo motivo è la trasformazione in corso nei mercati finanziari.
Gli investimenti sostenibili (ESG) non sono più una politica che si deve avere come alternativa, ma sono un ingrediente essenziale nella maggior parte dei portafogli. Molti investitori istituzionali hanno iniziato a ridurre le loro esposizioni sui produttori di energia da combustibili fossili, reindirizzando il capitale verso alternative sostenibili.
L’inflazione energetica può perdurare
Se le variazioni di prezzo relative all’energia sono intenzionali da un certo punto di vista ( nel senso che permettono un trasferimento di risorse in tecnologie più sostenibili), dall’altro punto di vista, prezzi crescenti e stabilmente alti possono far chiudere intere imprese che adesso sono costrette ad adeguarsi, come sta accadendo per esempio a Venezia.
Quindi, la transizione verde può pesare sull’economia se le imprese e le famiglie non possono sostituire l’energia ad alta intensità di emissioni con alternative più ecologiche ed economiche.
Questi investimenti richiederanno tempo. Attualmente, l’energia rinnovabile non si è ancora dimostrata sufficientemente scalabile per soddisfare la domanda in rapida crescita. Un’alternativa potrebbe essere il nucleare che non è mai stato abbandonato da chi ne ha fatta la propria colonna portante del proprio sistema produttivo.
L’insufficiente capacità produttiva di energie rinnovabili e l’aumento dei prezzi energetici, rischia di portare i prezzi delle materie prime sempre più in alto.
I prezzi del gas ne sono un esempio. Le condizioni climatiche avverse dello scorso anno, hanno portato a significativi squilibri della domanda e dell’offerta nel mercato del gas; infatti, l’accelerazione della crescita globale ha spinto prezzi del gas a nuovi massimi record.
Inoltre, se la transizione verde porta, da un alto, gli stati a doversi adeguare, dall’altro lato le politiche messe in atto per attuare tali politiche, non sono adeguate per affrontare una richiesta sempre maggiore di energia elettrica e nel contempo ridurre le emissioni sia nel breve ma anche nel lungo periodo. Un esempio a quest’ultimo problema è il mercato dell’auto elettrica; aumentando la richiesta di energia elettrica prodotta ancora con fonti fossili (soprattutto gas metano e carbone) si aumentano di specchio le emissioni.
Risposte immediate
Fiscalmente, molti governi stanno rispondendo all’aumento dei prezzi dell’energia imponendo sussidi e sconti in bolletta per proteggere le famiglie a basso reddito.
Poiché le spese energetiche sono in genere altamente anelastiche e costituiscono una quota ampia del reddito, le tasse sul carbonio tendono ad essere regressive. Già nel 2020, circa 36 milioni di persone in UE, ha dichiarato di non essere in grado di mantenere la propria casa adeguatamente calda.
Sarà un compito arduo per l’Unione Europea dare una risposta rapida ai problemi che gli stessi europei hanno creato. Sarà fondamentale e inevitabile agire a livello comunitario e in breve tempo, per il bene di tutti.