Backfire effect
Quante volte crediamo di avere ragione in un dibattito? Molto spesso siamo convinti di conoscere il reale meccanismo che governa un evento e ci scordiamo di mettere in dubbio le nostre conoscenze o gli assiomi da cui partiamo. Ottenere la ragione in un discorso, in molti casi, diviene più importante di ricercare una verità o un anello di congiunzione tra le parti. La ricerca spasmodica della prevaricazione dell’altro potrebbe trasformare un momento di dialogo costruttivo in mera competizione distruttiva. In questo modo le argomentazioni, che sono i mattoncini fondamentali su cui costruire pensieri articolati e complessi, passano in secondo piano e cedono il posto a convinzioni e pregiudizi. Avete mai sentito un politico in televisione ammettere che le argomentazioni della controparte siano quantomeno interessanti? È particolare che questo non avvenga mai, in nessun caso. Personalmente non ho mai avuto la fortuna, se non raramente, di assistere a dibattiti televisivi in cui l’unico scopo era quello di cooperare per creare nuovi spunti di riflessione. Questo non avviene quasi mai, nemmeno al di fuori dell’ambito televisivo. Forse perché, non abituati all’argomentazione, spesso non siamo in grado di sostenere ciò che pensiamo, ma semplicemente lo diamo per vero perché lo abbiamo sentito (Anchoring effect) o perché è semplicemente “sempre stato così”. La casistica peggiore è sicuramente quella del Backfire effect o “effetto del ritorno di fiamma”. Questo bias cognitivo si verifica quando, a fronte di prove che smentiscono una determinata opinione, paradossalmente si tende a rinforzare ancor di più le convinzioni originali, anziché metterle in discussione.
Il Backfire effect è strettamente collegato con il bias di conferma, che altro non è che la tendenza delle persone a dare più credito e ricercare quelle fonti che sostengono e danno adito a ciò che già pensiamo. Una distinzione però è d’obbligo: chi mente sapendo di mentire e continua a sostenere ipotesi e idee sostanzialmente ed empiricamente false non lo si può considerare strettamente afflitto da questo bias, preferibilmente lo definiremo un bugiardo. Nel nostro caso stiamo considerando quelle persone che sono talmente sicure di avere ragione che rifiutano categoricamente anche solo la possibilità che la realtà sia difforme da ciò che pensano. È facile immaginare quanto questo bias possa essere distruttivo. Semplicemente non permette un cambio d’opinione. Lo esclude a priori, poiché una delle parti dimostra con assiomi, logica ed inferenze corrette una realtà che la controparte rifiuta per assunto.
Questo bias è spaventoso e lo si può trovare ogni qualvolta vi sia un dibattito. Ad esempio, si pensi alla politica, per poi passare alla scuola per poi finire ai discorsi in famiglia. Solamente un’analisi autocritica e la consapevolezza dell’esistenza di questo bias possono permetterci di non caderci e di non rovinare la possibilità di un bel dibattito e lo scambio di interessanti argomentazioni.